La Pasqua non è un piano "logico", ma l'atto d'amore di un Padre che fa del tuttto per far tornare il sorriso nel cuore dei propri figli.
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Nei piani del nostro Padre Celeste c'è da sempre stata la liberazione di coloro che ama. Abbiamo un
padre che non ci abbandona, che, nonostante tutte le nostre disobbedienze, i nostri umani limiti, nonostante nessuno di noi avrebbe mai potuto rispettare in tutto le sue leggi, non si è mai dato per vinto.
Riesci ad immaginare cosa abbia provato Dio nel sapere che il suo popolo era prigioniero, senza un futuro, senza una speranza?
E' difficile, ma proverò a fartelo immaginare con una foto.
Quali sensazioni provoca in te questa foto? Se non la conosci già, voglio spiegarti di cosa si tratta
E' la foto di una bambina siriana. Hudea ha quattro anni, è una profuga, in fuga dal'Isis; essendo profuga è possibile anche che appartenga ad una famiglia cristiana. Hudea abita in un campo profughi ai bordi nord della Siria, vicino alla Turchia; ha percorso 150 chilometri a piedi assieme a quello che resta della sua famiglia; sua madre e due fratelli.
Questa è stata la sua reazione quando una fotografa le ha puntato contro l'obiettivo della sua macchina fotografica. Istintivamente, ha alzato le mani, in segno di resa.
Cosa muove in te questa foto? Cosa muovono in te quegli occhi, e quelle mani alzate? Ti dico cosa suscita in me... cosa provo.
Ogni volta che la guardo, sento un crampo allo stomaco, sento che non è giusto... E vorrei poter prendere un aereo, volare là, prendere Hudea, i suoi due fratelli, sua madre vedova,
e portarli via di là.
Vorrei poter vedere un sorriso su quelle labbra, vorrei che le braccia si allargassero in un abbraccio,
e le mani si aprissero in una carezza... E sento l'impotenza di non esserne capace.
Forse non rendo l'idea, forse quello che provava Dio era molto diverso, non so. Ma posso arrivare a sapere cosa ha provato Dio vedendo quello che provava suo figlio Gesù di fronte a persone che erano prigioniere, senza un futuro, senza una speranza.
Leggiamo Luca 7.
“Non molto tempo dopo, Gesù andò al villaggio Nain. I suoi discepoli erano con lui, insieme a una grande folla. Mentre si avvicinavano alla porta del villaggio, incontrarono una processione : era l'unico figlio di una donna che era trasportato per la sepoltura. E la madre era vedova. Quando Gesù la vide, il suo cuore si spezzò. Lui le disse: "Non piangere." Poi si avvicinò e toccò la bara. I portatori si fermarono. Egli disse: "Ragazzo, io ti dico: alzati" Il figlio morto si mise a sedere e cominciò a parlare. E Gesù lo restituì a sua madre.” (Luca 7-11:15 Trad. da "The Message")
Gesù, per strada, incontra la disperazione più nera. Per poter vivere in Israele a quei tempi una donna doveva avere un marito, una donna vedova era una donna morta. Solo se aveva un figlio maschio in casa avrebbe potuto continuare a sostentarsi.
Abbiamo visto la scorsa settimana che il quinto comandamento imponeva di onorare il padre e la madre, e parte dell'onore alla madre lo si dava quando il padre non c'era più, sostentandola.
Ma la donna stava seguendo un feretro, quello del suo unico figlio maschio
Gesù vide la donna, ma non vide solo il suo volto, le sue lacrime, la sua tristezza.
Gesù vide “dentro” la donna, vide il suo cuore, lesse la sua mente.
Non sono gli occhi di Gesù a vedere, e non sta guardando la donna, ma il suo cuore. Cuore a cuore, vita a vita, spirito a spirito.
Non l'aveva mai vista, eppure la conosceva da sempre.
La frase che qui è tradotta con “Il suo cuore si spezzò” e in altre traduzioni “ebbe pietà”, o “ebbe compassione” è una sola parla greca, che significa “sentire qualcosa che si muove nelle viscere”.
A quel tempo si credeva che il pensiero risiedesse nel cuore, e le emozioni nelle viscere,
Gesù non ha riflettuto sul fatto che la donna rischiava di morire di fame, non ha non ha attivato la sua “logica” per studiare un rimedio, proporre un piano, dare un ventaglio di soluzioni.
Gesù ha sentito un crampo allo stomaco; non la sua intelligenza è stata smossa, ma le sue emozioni.
Più e più volte i Vangeli raccontano che Gesù sia scoppiato in lacrime.
Ebrei dice:
“(Gesù) non è un sommo sacerdote incapace di soffrire con noi nelle nostre debolezze, anzi, è stato tentato esattamente come noi, ma non ha peccato.” (Ebrei 4:15 PV)
Gesù, il Creatore, non è un progettista asettico e freddo, ma è un poeta, è un innamorato,
chiama il suo popolo che è la chiesa “la mia sposa”.
"Non piangere." Poi si avvicinò e toccò la bara. I portatori si fermarono. Egli disse: "Ragazzo, io ti dico: alzati" Il figlio morto si mise a sedere e cominciò a parlare. E Gesù lo restituì a sua madre.”
Prima di risolvere, Gesù conforta il cuore della donna. E la soluzione non nasce dalla logica, ma da un cuore che trabocca d'amore per la donna.
Lo stesso crampo allo stomaco che ha provato Gesù, lo provava Dio per il suo popolo, prigioniero,
senza un futuro, senza una speranza.
E la soluzione non nasce dalla “logica” di Dio; non c'era un “piano B” se il primo non avesse funzionato, ma da un cuore che trabocca d'amore per le sue creature.
Gesù decise di scendere, per affrancarci dalla schiavitù del peccato che ci separava da un Padre santo e perfetto perché liberati, vivessimo liberi.
“è stato tentato esattamente come noi, ma non ha peccato.”
Quello che non potevamo noi, obbedire alla legge di Dio, lo ha fatto Gesù per noi.
Dov'è il tuo cuore oggi? Gesù ti conosce da sempre, Gesù legge la tua mente, vede il tuo cuore. Non sta guardando a come sei fuori, ma al tuo cuore. Cuore a cuore, vita a vita, spirito a spirito.
Dov'è il tuo cuore? Gesù gli ha già detto, “non piangere”, e ora è nelle sue braccia, oppure segue ancora il feretro dei tuoi dolori e delle tue sconfitte?
Ma oggi è un giorno di festa, bisogna sorridere, e festeggiare, e cantare, e gridare, e non c'è alcun
motivo che ti possa impedire di farlo.
Perché se io mi sentivo impotente dinanzi alla foto di Hudea e non potevo fare nulla per far tornare il sorriso sulle sue labbra e nella sua vita.
Sappi che nella Resurrezione c'è tutta la potenza di cui hai bisogno, per far tornare il sorriso, per far allargare un abbraccio, per dare e ricevere una carezza.
Perché, liberato, tu possa vivere libero, perché liberata tu possa vivere liberà.
Preghiamo
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05 aprile 2015
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