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La scorsa settimana abbiamo iniziato parlando delle puntata “all in”, quella dove mi gioco tutto quello che ho. Gesù ci dice che quello è il primo e più grande comandamento, se voglio obbedire al Padre; mettere sul piatto tutto per Dio.
Abbiamo visto come Dio chieda di puntare “tutto il cuore”, nel senso ebraico del termine, ovvero tutta l'intelligenza, il ragionamento, i pensieri, la logica, e di metterle a disposizione di Dio attraverso delle azioni che lo dimostrino.
Oggi vediamo la seconda “puntata all in” che ci chiede di fare Gesù.
«Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua...» (Luca 10:27).
La seconda cosa che Gesù mi chiede di mettere sul piatto è la mia anima.
Vi siete mai chiesti cosa intenda dire Gesù? Perché è una affermazione un po' strana: io devo mettere a disposizione di Dio la parte immortale di me, l'anima, quando in Ezechiele lui stesso afferma che...
“Ecco, tutte le anime sono mie; tanto l'anima del padre come l'anima del figlio sono mie.” (Ezechiele 18:4a)
Come posso dargli qualcosa che Dio afferma essere già sua?
La parola “anima” nel vangelo di Luca, che è scritto in greco, è ψυχή – psychē. Ma ovviamente Gesù non parlava in greco, ma in aramaico. Non stupitevi che non parlasse in ebraico; quella era la lingua parlata dai sacerdoti, ma parlava la lingua che tutto il popolo usava all'epoca.
Anche stavolta dobbiamo vedere la differenza tra la cultura greca, dalla quale deriva la nostra cultura occidentale, e quella ebraica. Lo farò aiutandomi con dei bicchieri colorati.
Luca usa la parola psychē.; nelle nostre copie del Nuovo Testamento psychē viene tradotto sia con “anima” sia con “vita”.
Nella cultura greca gli esseri umani erano composti da due diverse entità una dentro l'altra (tipo matriosca).
Una era σῶμα – sōma, (bicchiere rosso) ovvero la parte fisica, il corpo l'altra ψυχή – psychē, (bicchiere azzurro) ovvero la parte metafisica (che va oltre il fisico), lo spirito vitale, l'anima.
Per i greci sōma, la parte fisica, il corpo, era la parte ignobile, quella che non valeva niente perché sottoposta agli eventi del mondo alla fame, alla sete, al caldo, al freddo, all'invecchiamento, alla morte, ed era da disprezzare.Psychē invece, la parte metafisica, lo spirito vitale, l'anima, era la parte importante, quella nobile,
(bicchiere azzurro) quella che valeva tutto perché era fuori dal tempo ed era immortale.
La questione si complica ulteriormente con la cultura tardo latina (quella da cui proveniamo noi).
Per i latini gli esseri umani erano composti da “corpŭs”, il corpo (bicchiere rosso) “vīta”, l'energia vitale, (bicchiere verde)... e molti si fermavano qua; già all'epoca c'era chi non credeva più agli dei, e “ănĭma”, l'anima (bicchiere azzurro).
La parte importante per il latini era il corpo, (bicchiere rosso) per cui l'importante nella vita era godere,
l'anima non era così importante (e forse nemmeno c'era per molti).
Lunga premessa per capire a cosa si stia riferendo Gesù. Visto che non parlava in greco, ma in aramaico; che parola avrà usato?
La parola che quasi sicuramente ha usato Gesù in aramaico è רוחא- nepesh (pronuncia "now-sha") che è identica alla parola ebraica נֶפֶשׁ - nep̱eš .(pronuncia “nefesh”).
Perché è importante tutto questo? Perché in ebraico la parola “anima/ psychē si traduce con nep̱eš e la parola corpo/ sōma si traduce con nep̱eš.
Per gli ebrei corpo, vita ed anima erano un tutt'uno indivisibile, (bicchiere giallo) il corpo senza vita ed anima non poteva esistere, e l'anima senza corpo e vita non potevano sussistere.Per cui nep̱eš racchiudeva sia il corpo, sia la vita, sia l'anima. Erano parti inscindibili, non divisibili di ogni essere umano.
Tu potresti però dirmi: “Beh, Marco, aspetta un attimo, il corpo è mortale, mentre l'anima è immortale:
come possono essere una sola cosa? Prima o poi una delle due si separerà dall'altra!”
Spero di non “scandalizzarvi”; ma nell'Antico Testamento non si parla mai di immortalità dell'anima. Infatti, se leggiamo tutto il versetto di Ezechiele 18, non solo la prima parte, Dio dice:
“Ecco, tutte le anime sono mie; tanto l'anima del padre come l'anima del figlio sono mie. L'anima (nep̱eš) che pecca morirà.” (Ezechiele 18:4)
Gesù stesso dirà:
“E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima (psychē); temete piuttosto colui che può far perire l’anima (psychē) e il corpo nella geenna.” (Matteo 10:28)
Ma nell'Antico Testamento si parla di resurrezione; Daniele parla di resurrezione del corpo:
“Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno, gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per un’eterna infamia.” (Daniele 12:2)
e Davide parla di resurrezione dell'anima:
“Ma Dio riscatterà l’anima mia (nep̱eš) dal potere del soggiorno dei morti, perché mi prenderà con sé.” (Salmo 49:15)
Poiché corpo ed anima erano indivisibili, per gli ebrei il corpo moriva e con esso moriva anche l'anima.
Il concetto di morte per gli ebrei, e per Dio è differente da quello che abbiamo noi occidentali: la morte non è la fine di tutto; il corpo tornava ad essere polvere come era stato all'inizio in Genesi 2, e l'anima finiva in un posto chiamato (lo dice Davide) שְׁאוֹל , Shoel, (Ades in greco) “soggiorno dei morti” in attesa della risurrezione (dice Daniele) di vita eterna per chi avrà creduto nel Figlio di eterna vergogna per chi non avrà creduto in lui.
Vi faccio un esempio banale: è come spengere la tv con il telecomando: la tv sembra spenta, ma è in attesa che ci sia un nuovo segnale per riaccendersi. Non dobbiamo comperare una nuova TV per vedere i programmi, basta riattivare i circuiti di quella che abbiamo spento.
Ritorniamo al nostro quesito da risolvere: cosa intende dire Gesù quando afferma che devo mettere sul piatto tutta la mia anima?
Da quello che abbiamo visto, non posso “staccare” l'anima dal mio corpo e dalla mia vita per darla a Dio; devo dargli l'intero pacchetto, ovvero:
“Ama il Signore Dio tuo ... con tutto il tuo corpo, con tutta la tua vita, con tutta l’anima tua...” (Parafrasi)
Come faccio?
La domanda è: come? Come faccio a mettere sul piatto corpo, vita e anima? Pietro ci da un suggerimento:
“Fratelli miei, qui siete soltanto forestieri. Dato che la vostra vera casa è in cielo, vi prego di non aver nulla a che fare con i desideri malvagi di questo mondo, che sono sempre in lotta contro la vostra anima (psychē).” (1 Pietro 2:11 BDG)
L'obiettivo principale del mondo è fare guerra per avere la tua anima, far si che il tuo corpo e la tua vita obbediscano a tutt'altro che Dio. Il mondo vuole essere l'autorità ultima che fornisce le fondamenta alla totalità del tuo essere. Questo è ciò che noi dobbiamo affrontare tutti i giorni.
Cosa suggerisce Pietro, allora? Di non aver nulla a che fare con il mondo? Isolarsi in un monastero, e aspettare che passi la vita?
Assolutamente no! Pietro ci chiede di non aver nulla a che fare coi i DESIDERI MALVAGI del mondo! E Pietro ce ne fornisce anche una lista:
v. 12 “Comportatevi bene fra i non credenti...” (1 Pietro 2:12 PV)
Il desiderio di “essere buoni” solo con quelli che credono in Cristo... Agli altri, giù mazzate!
v. 13 “Per amore del Signore, siate sottomessi ad ogni autorità umana... (1 Pietro 2:13 PV) v. 17 … e onorate chi vi governa...” (1 Pietro 2:17 PV)
Il desiderio di “farsi le proprie leggi”: passo col rosso, viaggio senza biglietto, lavoro a nero, evado le tasse.
v. 18 “Voi servi rispettate i vostri padroni...” (1 Pietro 2:18 PV)
Il desiderio di restare a casa e far timbrare il cartellino a qualcun altro, il desiderio di stare in ufficio davanti al pc e navigare su Amazon per fare compere.
v. 22 “Egli (Gesù) non peccò mai, né disse mai la minima bugia...” (1 Pietro 2:22 PV)
Il desiderio di crearsi una verità “parallela” diversa da quella vera.
v. 23 “Quando (Gesù) fu insultato, non rispose mai per le rime, e mentre soffriva non minacciava... (1 Pietro 2:23 PV)
Il desiderio di ferire l'altro insultandolo, il desiderio di farla pagare a chi ci fa del male...
Sono questi quelli che Pietro chiama “desideri malvagi di questo mondo”, con i quali non dobbiamo aver nulla a che fare.
Si, ma come?
Pietro ci dice che qui, in questo mondo, siamo “soltanto forestieri”, stranieri, immigrati.
Come si comporta uno straniero che sa che prima o poi tornerà a casa?
1. Conserva la lingua
La prima cosa che accade ad uno straniero è che pian piano perde la sua lingua madre; smette di pensare nella sua lingua, smette di conoscere le parole nuove della sua lingua perde l'accento della sua lingua.
Quando mia moglie si è trasferita in Italia non esisteva la possibilità di vedere le TV o ascoltare le radio britanniche attraverso il web.
Per non perdere la sua lingua avevamo comperato una radio ad onde corte tramite cui poteva ascoltare tutti i giorni una emittente che si chiama BBC World Service. Era l'unico modo per non far morire il suo inglese.
Allo stesso modo, dobbiamo come figli e figlie di Dio continuare ad ascoltare la nostra lingua madre, quella con cui siamo nati di nuovo; questo significa, semplicemente, leggere la Bibbia ogni giorno.
2. Conserva le tradizioni
L'altra cosa che, venendo in Italia, Janet rischiava di perdere, erano quelle tradizioni tipiche della sua vera patria. Ad esempio, in Inghilterra la sera di Martedì Grasso, si mangiano i pankakes... e si mangiano anche a casa nostra.
E' importante mantenere le tradizioni, perché ci ricordano che nella nostra vera patria si fanno cose differenti da quelle che si fanno dove viviamo.
Allo stesso modo, dobbiamo come figli e figlie di Dio mantenere le tradizioni che Dio ci ha indicato: questo significa, semplicemente, venire in chiesa la domenica FISICAMENTE: le dirette in streaming sono una ottima cosa per chi è impossibilitato a venire, ma sono quello che si chiama un “succedaneo” qualcosa che assomiglia costa di meno, ma non c'è paragone con l'originale.
3. Chiama a casa
Quando Janet si è trasferita in Italia, ventotto anni fa, non esisteva Whatsapp, e l'unica maniera di essere in contatto, era telefonare... e le telefonate costavano una enormità.
Ma le faceva lo stesso, perché in questo modo poteva ascoltare la voce dei suoi genitori, raccontargli quello che era accaduto qua in Italia, e magari chiedere consiglio su qualcosa.
Dio ha da sempre avuto un Whatsapp, una linea completamente gratuita con la quale lo puoi chiamare ad ogni ora del giorno e della notte... tanto per lui fa lo stesso.
Si chiama “preghiera”, quella chiamata ad un Padre che è sempre disponibile che è desideroso di sapere come stai, cosa ti accade, ed è pronto a parlarti per darti i suoi suggerimenti.
Conclusione
Per adempiere al Gran comandamento la seconda parte della mia puntata “all in” è amare Dio con tutto me stesso: corpo, vita, anima, perché sono un tutt'uno, capire che la mia patria non è questa, ma la mia cittadinanza è nei Cieli, e comportarmi come uno straniero, vivendo dove sono, ma obbedendo alle leggi del Padre.
Preghiamo.
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