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27 giugno 2021

Percepire Dio coi miei sensi - Annusare Dio: come posso essere l'odore soave di Cristo | 27 Giugno 2021 |

Per Dio non ci può essere odore più soave di una vita cambiata dallo Spirito Santo, offerta a Lui per portare nel mondo un odore di vita che porta a vita.
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Siamo al quinto ed ultimo messaggio sui nostri cinque sensi, li abbiamo presi come spunto per vedere come sia possibile utilizzarli per cercare un rapporto intimo e speciale con chi ce li ha dati in dono. Oggi parleremo dell'olfatto.

L'olfatto è un senso potente. E' capace di portare alla memoria  ricordi che neppure pensavi di avere nel cassetto.

Se siete come me, quando alcune molecole  che recano un profumo  arrivano a toccare il tessuto sensibile con il quale è tappezzato il mio naso (e Dio è stato così generoso da darmene uno che è il doppio di molti di voi!) è come aprire per me un cassetto pieno di foto ricordo.

Quali profumi ti fanno ricordare il passato? Posso dirti i miei.

L'odore del sugo col battuto! Fa aprire in me i ricordi di quando io ero bambino, con mia nonna che si alzava alle 6 del mattino per pregare (come faccio io adesso) e, nel frattempo, batteva il lardo, faceva il soffritto, e metteva la pentola di coccio sulla stufa a legna per preparare il sugo della domenica; sarebbe stato pronto quando lei tornava dalla messa.

Oppure quello di un profumo chiamato “Lucky days”, giorni fortunati! Non era un profumo famoso né costoso, ma era quello che mi regalò mio padre per il mio diciottesimo compleanno e che portai con me durante la gita del quinto liceo.

Nella bottiglia ormai vuota,  ancora persiste un po' dell'aroma e mi basta annusarlo per ritrovarmi a festeggiare felice la mia giovinezza assieme a tutta la mia famiglia, compresi, soprattuto, coloro che non ci sono più, oppure per rivedere le montagne del Trentino e la camera d'albergo dove trascorsi il periodo più felice della mia vita scolastica durante la gita dell'ultimo anno di liceo.

Non sono solo memorie, sono cose che diventano così reali che quasi le posso toccare.

Forse ti starai chiedendo cosa c'entri tutto questo con Dio. Come si fa a parlare di un Dio che “odora”?

Certo, non possiamo “annusare” Dio... Ma se leggo la Bibbia, scopro che la mia caratteristica di sentire un odore e di associarlo ad un ricordo gradevole non è “mia”, non è “umana”, ma è qualcosa che Dio al momento della Creazione ha messo nella sua creatura... perché è una sua caratteristica di associare un odore gradevole a dei ricordi.

Lo dice la Scrittura sin da Genesi:

“Noè uscì con i suoi figli, con sua moglie e con le mogli dei suoi figli. Tutti gli animali, tutti i rettili, tutti gli uccelli, tutto quello che si muove sulla terra, secondo le loro famiglie, uscirono dall’arca. Noè costruì un altare al Signore; prese animali puri di ogni specie e uccelli puri di ogni specie e offrì olocausti sull’altare. Il Signore sentì un odore soave; e il Signore disse in cuor suo: «Io non maledirò più la terra a motivo dell’uomo, poiché il cuore dell’uomo concepisce disegni malvagi fin dall’adolescenza; non colpirò più ogni essere vivente come ho fatto.Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno mai».”( Genesi 8:18.22)

Dio sente letteralmente un profumo, non se lo immagina, e associa quell'odore (in questo caso era lo stesso di un buon arrosto) con il ricordo della sua creazione, di come tutto era stato creato perfetto ed in ordine, e tramite esso decide di non distruggerla mai più.

Oppure in Esodo, quando descrive come dovrà essere costruito il Tabernacolo:

“Il Signore disse ancora a Mosè: «Prenditi degli aromi, della resina, della conchiglia profumata, del galbano, degli aromi con incenso puro, in dosi uguali;  ne farai un profumo composto secondo l’arte del profumiere, salato, puro, santo; ne ridurrai una parte in minutissima polvere e ne porrai davanti alla testimonianza nella tenda di convegno, dove io mi incontrerò con te: esso sarà per voi cosa santissima.  Del profumo che farai, non ne farete altro della stessa composizione per uso vostro; sarà per te cosa santa, consacrata al Signore.  Chiunque ne farà di uguale per odorarlo, sarà eliminato dal suo popolo».” ( Esodo 30:34-38)

Dio indica precisamente la miscela di profumi che lui gradirà annusare quando incontrerà il Sommo Sacerdote.

Ora, parliamoci chiaro, c'è qualcuno che pensa che Dio sia davvero interessato a un po' di fumo prodotto da un arrosto misto o da un po' di resine mischiate assieme? A chi ed a cosa servono davvero quegli odori?

Il salmo 141 ci da una prima indicazione:

“Giunga la mia preghiera davanti a te come l'incenso, l'elevazione delle mie mani come il sacrificio della sera.”. (Salmo 141:2 ND)

La parola “giunga” in lingua ebraica è כּוּן - kûn  e significa “stare in perpendicolare”; la versione CEI traduce questo versetto così: “Come incenso salga a te la mia preghiera”

L'incenso che sale verso il cielo è una rappresentazione grafica delle nostre preghiere che salgono verso il Padre come un odore soave.

Ma soprattutto, per poter far arrivare gli odori a Dio che sia un arrosto, o un profumo,  c'è da “fare”, da predisporre cose per creare l'odore; e non sono cose di poco conto.

Se leggete Numeri, vedrete che le bestie da sacrificare non erano quelle “da scarto” ma erano le migliori, quelle più sane, quelle che, se vendute,  ti avrebbero fruttato un sacco di soldi. Allo stesso modo, la ricetta che Dio da in Esodo per confezionare il profumo da bruciare davanti al Tabernacolo è composta da elementi che non era facile trovare e che costavano molto.

Per far arrivare un buon odore alle “narici”di Dio, dunque devo “operare”, impegnarmi personalmente,  faticare per trovare le cose giuste con cui produrlo.

E, soprattutto, è qualcosa che mi deve “costare”, devo “spendere” del mio per poterlo avere da offrire in olocausto.

Sapete quale è il profumo migliore che Dio abbia mai “annusato? Ne parla Paolo in Efesini:

“Siate dunque imitatori di Dio, come figli amati; e camminate nell’amore come anche Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave.” (Efesini 5:1-2)

Eccolo il profumo più soave al mondo, quello che ha richiesto maggior fatica per essere trovato quello che è costato di più: la fatica di abbandonare la propria natura divina per scendere sulla terra  e il costo di morire come un criminale sulla croce  pur essendo il figlio di Dio.

La parola che usa Paolo in greco per “imitatori” è μιμητής - mimētēs: vi dovrebbe essere familiare. Chi ha mai visto un “mimo”? Sono quelle persone che, senza parlare, costruiscono un mondo attorno a se, facendotelo in qualche modo “vedere”  nella tua immaginazione, semplicemente con i gesti e le azioni che fanno.

E' esattamente quello che Paolo ci chiede di fare; essere dei “mimi” per chi ci guarda, far vedere attraverso le nostre azioni ed i nostri gesti un mondo che non c'è adesso in terra, ma che c'è presso Dio: rendere visibile l'invisibile. In che modo? Ce lo spiega in Romani:

“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà.” (Romani 12:1-2) 

Paolo parla di “sacrificio”:  ed abbiamo visto che ogni sacrificio  produce un aroma soave che arriva a Dio, e che provoca in Dio dei ricordi lieti.

E Paolo indica anche che tipo di sacrificio sarà se con i nostri corpi e la nostra vita mimiamo il mondo di Dio,  agendo come lui vuole.

Sarà un sacrificio “vivente”: ζάω - zaō in greco che significa si “vivo” ma anche “pieno di forza, efficiente, efficace”.

Sarà un sacrificio “santo”: ἅγιος - hagios, significa “messo da una parte, separato, distinto”.

Sarà un sacrificio “gradito”: εὐάρεστο ς- euarestos è una parola composta da arestos che significa “accettato” più il rafforzativo eu, per cui sarà un sacrificio “pienamente accettato”.

Quale è, dunque, il sacrificio che secondo Paolo crea il profumo tramite il quale il nostro sacrificio sarà “efficace, distinto, pienamente accettato”. da Dio?

“Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente...” (v 2a)

Paolo non ci chiede genericamente di “agire bene”,  e neppure di “non peccare”: lo farà altrove; ma qui chi chiede una trasformazione (in greco μεταμορφόω metamorphoō; composto fa morphoo = forma + meta = dopo, in seguito, successiva, ovvero abbiate una forma successiva) che passi attraverso un rinnovamento. (in greco ἀνακαίνωσις anakainōsis;). 

La parola anakainōsis/rinnovamento è usata solo due volte nella Bibbia, sempre da Paolo, ed è un concetto filosofico abbastanza complesso che cerco di spiegarvi con un esempio stupido.

Quando rinnovi il guardaroba tra una stagione e l'altra cosa fai? Prendi la roba che hai nei cassetti,  la lavi, e la rimetti là, magari cambiandogli di posto? Certamente no! Svuoti i cassetti degli abiti che c'erano e li riempi con abiti completamente differenti.

Li cambi non perché ti hanno annoiato ma perché stai vivendo una nuova stagione, e gli abiti che avevi nei cassetti mal si abbinano ad essa; non puoi andare in giro con la felpa di lana e i pantaloni di flanella  quando fanno 35 gradi all'ombra, ma ti servono indumenti diversi,

Anakainōsis / rinnovamento non significa cambiare posto alle cose per far sembrare che tutto è cambiato, e neppure lavarle o dargli una passata di tinta per farle sembrare nuove; significa buttare tutto fuori per fare spazio e mettere dentro tutta roba nuova adatta alla nuova stagione della tua vita.

E' questo che dice Paolo; il sacrificio che è pienamente accettato, il profumo che Dio vuole sentire non si crea lavando i tuoi vecchi abiti, e neppure cambiandogli di posto, ma usandone di nuovi.

E quando accetti questa sfida di cambiare quel “sacrificio” non è più tale,  ovvero non è un peso, qualcosa che fai ma che preferiresti non fare ma un modo di vita: Paolo dice ai Filippesi:

“Ora ho ricevuto ogni cosa e sono nell’abbondanza. Sono ricolmo di beni, avendo ricevuto da Epafròdito quello che mi avete mandato e che è un profumo di odore soave, un sacrificio accetto e gradito a Dio.” (Filippesi 4:18-19)

La chiesa di Filippi non era una chiesa ricca, ma aveva offerto di supportare Paolo con slancio, aldilà delle proprie capacità.

È potente pensare che le cose che facciamo l'uno per l'altro, il sostenersi a vicenda  diventa un profumo gradito a Dio.

Pensate alla nostra vita di chiesa mentre camminiamo insieme, testimoniamo, ci impegniamo con la comunità, serviamo... Tutto questo crea un odore soave che arriva a Dio.

Paolo chi chiede di indossare abiti nuovi per la nuova stagione della nostra vita per poter offrire un sacrificio che abbia un odore soave.

Ma come è possibile tutto questo? Ti avevo detto che la parola anakainōsis/rinnovamento è usata da Paolo solo due volte: vuoi sapere dove  usa la stessa parola la seconda volta? In Tito 3:5:

“... (Dio) ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo, che egli ha sparso abbondantemente su di noi per mezzo di Cristo Gesù, nostro Salvatore, affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna....” (Tito 3:5-7)

La rigenerazione  (in greco παλιγγενεσία paliggenesia = nuova nascita) che porta al rinnovamento avviene SOLO attraverso l'opera dello Spirito Santo, e non perché siamo bravi di nostro; è una GRAZIA, è AGGRATIS!  Non la puoi comperare ne guadagnare!

Solo attraverso Cristo puoi ottenerla, solo essendo suo discepolo puoi riceverla, solo seguendo Gesù puoi essere un profumo per Dio.

Ma quale è il fine ultimo dell'essere un buon profumo che giunge a Dio? Riempire il Paradiso di buoni aromi perché ne godano Dio e gli angeli? Assolutamente no!

“Ma grazie siano rese a Dio, che sempre ci fa trionfare in Cristo e che per mezzo nostro spande dappertutto il profumo della sua conoscenza. Noi siamo infatti davanti a Dio il profumo di Cristo fra quelli che sono sulla via della salvezza e fra quelli che sono sulla via della perdizione; per questi, un odore di morte, che conduce a morte; per quelli, un odore di vita, che conduce a vita. E chi è sufficiente a queste cose?” (2 Corinzi 2:14-16)

Il fine è che l'aroma soave delle nostre vite trasformate offerte in sacrificio a Dio riempia il mondo attraverso la conoscenza di Cristo e di ciò che ha fatto per tutti gli uomini; un aroma differente da quello a cui il mondo è abituato, “odore di morte, che conduce a morte” dice Paolo.

Se sei in Cristo, e hai lasciato che lo Spirito Santo entrasse in te, se gli hai permesso di trasformarti, se continui a lasciare  che ti metta nel cassetto abiti nuovi adatti alla stagione che attraversi di volta in volta nella vita, allora tu sei l'odore soave di Cristo, un sacrificio vivente, che arde, “un odore di vita, che conduce a vita.”

Se non sei ancora in Cristo, lascia che lo Spirito ti trasformi  per cambiare l'odore di morte del mondo in odore soave di Vita.

Noi siamo il profumo di Cristo.

Preghiamo.

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20 giugno 2021

Il cancello conquistato: sei un "soldato" o un "guerriero" per Cristo? | 20 Giugno 2021 |

In che modo ti definiresti come credente? Un "soldato", o un "guerriero"? Perché non basta essere un soldato, far parte genericamente di un esercito, magari solo perché frequenti una chiesa. Cristo ti chiede di essere un guerriero, di lottare per conquistate più anime a lui, di condividere la buona notizia del suo amore per tutti.
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Predicatore: Mario Forieri
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Brani utilizzati:

“ Poi Gesù, giunto dalle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dicono gli uomini che io, il Figlio dell'uomo, sia?».  Ed essi dissero: «Alcuni, Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia, o uno dei profeti».  Egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?».  E Simon Pietro, rispondendo, disse: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».  E Gesù, rispondendo, gli disse: «Tu sei beato, o Simone, figlio di Giona, perché né la carne né il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. Ed io altresì ti dico, che tu sei Pietro, e sopra questa roccia io edificherò la mia chiesa e le porte dell'inferno non la potranno vincere.  Ed io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra sarà sciolto nei cieli». (Matteo 16:13-19 ND)

“Poi Sansone andò a Gaza e là vide una prostituta, ed entrò da lei. Quando fu detto a quei di Gaza: «Sansone è venuto qui», essi circondarono il luogo e stettero in agguato tutta la notte presso la porta della città, e rimasero in silenzio tutta la notte, dicendo: «Allo spuntar del giorno lo uccideremo». Sansone rimase coricato fino a mezzanotte; poi a mezzanotte si alzò, afferrò i battenti della porta della città e i due stipiti, li divelse insieme con la sbarra, se li caricò sulle spalle e li portò in cima al monte che si trova di fronte a Hebron.” (Giudici 16:1-3 ND)

“E che dirò di più? Infatti mi mancherebbe il tempo se volessi raccontare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti...” (Ebrei 11:32 ND)

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13 giugno 2021

Percepire Dio coi miei sensi - Gustare Dio | 13 Giugno 2021 |

La Parola di Dio è il cibo spirituale più buono che possa esistere. Ma per gustarlo a pieno devi avere un rapporto costante ed intimo con colui che è il pane della vita, suo Figlio Gesù.
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Siamo al quarto messaggio sui nostri cinque sensi, e su come questi ci possano aiutare a sperimentare un rapporto  più intimo con chi ce li ha donati, ovvero il nostro Signore.

Quando pensate ad una vacanza, quali sono le prime memorie che vi vengono in mente?

Personalmente io ricordo per primi i paesaggi, quello che ho visto; le cime delle Dolomiti,  o i palazzi di Noto, o i tramonti in Zimbabwe. Se sei come me, significa che la tua memoria è prettamente visiva.

Ma ci sono altre persone che, invece, ricordano per prima cosa i profumi del luogo che hanno visitato; l'odore degli alberi di jacaranda che fiorivano quando eravamo a Bulawayo, oppure dell'erba delle malghe. Questo significa che hai una memoria olfattiva.

Conosco persone, invece, che hanno una memoria “digestiva”; tutti i racconti relativi ai loro viaggi vertono su quello che hanno mangiato: “Ah, mi ricordo quel posto, facevano un filetto stupendo, oppure quell'altro, una impepata di cozze sublime.”

Il gusto ci è stato dato perché possiamo non solo nutrirci ma fare della necessità quotidiana un mezzo di conoscenza, di cultura (si parla tanto di “cultura del cibo”) ma anche un modo per fissare un ricordo o un'esperienza.

Tanto del nostro gusto proviene dalla nostra cultura: non ti stupisci se a pranzo ti vengono  offerti questi, dei gamberetti

ma come reagiresti se ti venissero offerti questi, dei bruchi?  

A noi ci è capitato... Eravamo in Zimbabwe e questa è stata la nostra reazione nel mangiare i bruchi "mopane", che sono uno tra i  piatti tipici della zona sud dell'Africa



Talvolta bisogna andare “oltre” le proprie origini culturali,  oltre la tradizione, per scoprire che, quello che ci viene offerto, è qualcosa di veramente squisito... anche se non lo abbiamo mai assaggiato.

Questo non vale solamente per il cibo fisico, ma anche per il cibo spirituale: Davide nel Salmo 34 afferma:

“Gustate e vedete quanto l'Eterno è buono; beato l'uomo che si rifugia in lui”. (Salmo 34:8 ND)

Appena una nota sulla versione della Bibbia che usiamo di solito, la Nuova Riveduta. Se prendete questo versetto, nelle vostre bibbie vedrete che è assolutamente differente; infatti suona “Provate e vedrete quanto l'eterno è buono” dove i tempi sono un indicativo e un futuro: sentite adesso e vedrete in futuro.

Io ho usato invece la versione della Nuova Diodati per due motivi ben precisi.

Il primo verbo (gustate per la ND e provate per la NR)  in originale ebraico è טָעַם  ṭâ‘am   è un termine poco usato nella Bibbia  ed è riferito propriamente al cibo. Il secondo è רָאָה râ’â, che significa “vedi, capisci, considera” Sia il primo verbo che il secondo verbo, nella lingua ebraica sono al tempo qal  che si traduce in italiano con l'imperativo.

Davide perciò non sta genericamente dicendo:  “Prova un po' questo e poi, vedrai  che in futuro sentirai che è buono”; sono due verbi all'imperativo: “GUSTA! Lo devi mangiare! Ne devi sentire il sapore!” E poi: “CAPISCI! Anche se è un gusto che non hai mai assaggiato devi arrivare a considerare quanto è buono!”

Per noi occidentali del ventunesimo secolo l'esempio che ci fa Davide, sinceramente, non ci fa né caldo ne freddo. Siamo abituati ai sapori... a tutti i sapori la scienza ci dice che noi percepiamo  attraverso le papille gustative che abbiamo in bocca sette sapori primari: Amaro, Acido, Dolce, Salato, Umami, Kokumi, Grasso.

Se pensavi fossero solo quattro,  il salato, l'acido, il dolce, l'amaro, sei in buona compagnia;  anche io lo credevo fino a questa predicazione.

Quali di questi è il migliore? Il più buono? Nessuno dei sei e ciascuno di essi!  Ognuno di noi ha le sue preferenze! Tu puoi lasciarmi sul tavolo il pezzo di cioccolata più buona al mondo, e sta sicuro che la ritrovi là... ma non provare a lasciare un sacchetto di patatine, o di arachidi o di mandorle tostate e salate... io posso uccidere per averle tutte!

Non era così al tempo di Davide: I tre sapori principali amaro, acido e salato erano facili da provare; facevano parte della cultura del cibo dell'epoca.

Non per il dolce; in Israele non esisteva zucchero. L'unico dolcificante che conoscevano era il miele, ma per prima cosa era molto raro in quanto non esisteva l'apicoltura (l'unico era quello trovato nei favi delle api selvatiche) e seconda cosa era costosissimo, solo i re potevano permetterselo.

Quando Davide parla di “gustare” Dio e di considerare quanto è buono stava riferendosi con tutta probabilità (e vedremo dopo perché) a quel sapore a quel dolce che era rarissimo, costosissimo, e che solo pochi potevano permettersi. E invece Davide dice: “Non solo lo puoi, ma anzi lo DEVI gustare, anche se non lo hai mai assaggiato”.

Ovviamente, quella di Davide, è una “metafora”, un'illustrazione, per far capire meglio come è Dio: “Hai presente quanto è buono il miele? Beh, Dio è enormemente meglio”

Ma come si fa a “gustare” il miele dell'Eterno? Ce lo spiega un altro salmo, il 119:

"Oh, quanto amo la tua legge! È la mia meditazione di tutto il giorno. I tuoi comandamenti mi rendono più saggio dei miei nemici; perché sono sempre con me. Ho più conoscenza di tutti i miei maestri, perché le tue testimonianze sono la mia meditazione. Ho più saggezza dei vecchi, perché ho osservato i tuoi precetti. Ho trattenuto i miei piedi da ogni sentiero malvagio, per osservare la tua parola. Non mi sono allontanato dai tuoi giudizi, perché tu mi hai istruito. Oh, come sono dolci le tue parole al mio palato! Sono più dolci del miele alla mia bocca.” (Salmo 119: 97-103)

Davide (probabilmente... ma non siamo sicuri) ci da la ricetta per gustare il dolce più buono del Creato.

1. Ama  la Parola di Dio

Oh, quanto amo la tua legge! (v. 97a)

Non è un libro qualsiasi. Non è un libro dove, se lo leggi,  trovi qua e là, in mezzo a tante storie talvolta strampalate, qualche indicazione di Dio: E' la Parola di Dio. E' tutta ispirata.

2. Meditala ogni giorno

È la mia meditazione di tutto il giorno (v. 97b)

Chi di noi è stato all'estero per un periodo di tempo più lungo di una settimana? Cosa vi è mancato di più?

Posso dirvi cosa manca a me, quando vado fuori per un po': il CAFFE'!  Quello vero, italiano, scuro, denso con la crema sopra! Talvolta tento con qualcosa  che imita l'espresso italiano... e ogni volta mi dico :”Non imparo mai! Ma perché l'ho preso?”

Per via della mia ernia iatale ho dovuto smettere prenderlo, altrimenti era un rito che, tutti i giorni, almeno due volte al giorno (se non di più) non poteva mancare. Ero “dipendente” dalla caffeina.

La lettura della Parola deve essere molto di più del caffè. Deve diventare una costante nel tempo da cui diventiamo dipendenti.

Così come i tempi con cui prendevo il mio caffè  erano variabili (potevo buttarlo giù d'un fiato prima di andare al lavoro, oppure sedermi a sorseggiarlo con un amico), allo stesso modo non tutti i giorni avrò tempo di trascorrere un'ora in lettura; talvolta saranno cinque minuti, ma l'importante è che lo faccia  su base quotidiana per gustare il miele che c' è in essa.

3. Applicala alla tua vita quotidiana

Ho più conoscenza di tutti i miei maestri, perché le tue testimonianze sono la mia meditazione (v. 99)

Ti ricordi quando eri a scuola cosa faceva il maestro? Per insegnarti come risolvere un problema te lo faceva vedere uno alla lavagna e lo risolveva, e poi diceva: “ecco, per risolvere quelli a casa, fate lo stesso”.

La Bibbia è un libro pieno di problemi risolti, dove trovi strategie, metodi, soluzioni,  per poter ottenere il miele da ogni giorno.

Ma non basta leggere le soluzioni devi anche meditale, ovvero pensare cosa significano per te e applicarle alla tua vita.

4. Rispetta le sue regole

Ho più saggezza dei vecchi, perché ho osservato i tuoi precetti (v. 100)

Per risolvere un problema non basta solo applicare un metodo, ma bisogna rispettare alcune regole. Perché, anche se il tuo metodo è giusto, e sai che per misurare la circonferenza  devi moltiplicare per 2 il raggio, se poi non rispetti la regola  di moltiplicare per π, il risultato sarà sbagliato.

Ci sono delle regole date da Dio che vanno rispettate se vuoi assaporare il suo miele.

5. Scegli il percorso giusto

Ho trattenuto i miei piedi da ogni sentiero malvagio, per osservare la tua parola (v. 101)

La Parola di Dio è una mappa che contiene solo percorsi sicuri; questo non significa che saranno i più facili, spesso quelli che sembrano più semplici  portano verso i burroni.

Ma proprio per questo vanno “scelti” secondo quello che c'è scritto sulla mappa; se non sono là sopra, anche se sembrano scorciatoie sicure è meglio evitarle.

6. Non smettere mai di apprendere

Non mi sono allontanato dai tuoi giudizi, perché tu mi hai istruito.” (v. 102)

Il rischio più grande per ogni credente è quello di ritenersi “completo”; di aver appreso tutto, di sapere ora come fare. Ed è allora che cadiamo.

Lo scrittore Ernest Hemingway ha detto: “Siamo tutti apprendisti in un mestiere dove non si diventa mai maestri: la vita.” In questa vita noi siamo apprendisti, siamo incompleti, siamo costantemente in debito di informazioni.

Abbiamo bisogno di sedere come Maria sorella di Marta, ai piedi del Signore. Il buono da assaporare arriva attraverso quello che lui giudica buono, non attraverso quello che io giudico tale.

Davide afferma:

“Gustate e vedete quanto l'Eterno è buono...

I sei passi che ci indica ci possono davvero far assaggiare il cibo più buono del Creato... ma... Ma Davide aggiunge:

beato l'uomo che si rifugia in lui”

Cosa significa questo, per me e per te? Ce lo spiega Pietro ripetendo questo esatto versetto:

“...desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza, se davvero avete gustato che il Signore è buono. Accostandovi a lui (Gesù), pietra vivente, rifiutata dagli uomini ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo.” (1 Pietro 2: 2b-5)

Se non ti accosti a Gesù, se non “gusti” la  Parola di Dio attraverso Cristo, il miele non potrà arrivare nella tua vita.

Pietro afferma che ogni tuo sacrificio spirituale, come amare la Parola e meditarla ogni giorno, come applicarla alla tua vita rispettando le regole, scegliendo le vie giuste e non smettendo mai di apprendere, sarà gradito a Dio  SOLO per mezzo di Gesù Cristo. Gesù ha detto:

“ Io sono il pane della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivente che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò per la vita del mondo è la mia carne.” (Giovanni 6:48-51)

Ho detto all'inizio del messaggio che talvolta bisogna andare “oltre” le proprie origini culturali,  oltre la tradizione, per scoprire che, quello che ci viene offerto, è qualcosa di veramente squisito... anche se non lo abbiamo mai assaggiato.

Molti di noi hanno sperimentato un solo tipo di cibo spirituale in passato e non hanno mai assaggiato il vero pane di Cristo, il rapporto profondo, costante e quotidiano sia con la sua Parola che con la sua presenza sotto forma di Spirito Santo.

Dove sei oggi? A quale mensa sei seduto, sei seduta?

Se stai mangiando ancora la manna nel deserto, se ti stai nutrendo dello stesso cibo da anni,  se ti illudi che basti leggere,  o frequentare una chiesa e vivere poi come vuoi, Gesù ti indica il tuo destino.

Ma se gusti il pane della vita, se credi e segui Gesù, il miele dell'Eterno, una vita al suo fianco, e per sempre, è ciò che Gesù è venuto a donarti.

Gustare Dio, come dice Davide, è un imperativo, se hai creduto. Ed è un imperativo anche capire che il suo cibo è un cibo di vita eterna, e ricercarlo ogni giorno.

Preghiamo .

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06 giugno 2021

Nascoste, ma in bella vista: le donne nel Nuovo Testamento | 06 Giugno 2021 |

Ad una lettura superficiale del Nuovo testamento potrebbe sembrare che sian poche le figure femminili di spicco. Ma, se leggiamo bene, vedremo che già nella chiesa primitiva le donne avevano un ruolo importante nel piano di Dio di portare la sua parola fino all'estremità della terra.
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Predicatrice: Jean Guest
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Sono sicura che ciascuno di noi  abbiamo giocato con i nostri o con i bambini di altri a "Cucù". È uno strano fenomeno dell'infanzia dove loro sembrano credere che se si coprono gli occhi non possono  essere visti.

I ricercatori dell'Università di Cambridge hanno rivolto la loro attenzione a questo mistero eseguendo una varietà di test semplici su gruppi di bambini di 3 e 4 anni giocando a cucù con loro. Hanno scoperto, come anche noi, che quando gli occhi di un bambino sono coperti, si sentono invisibili. Credevano anche che fosse vera la medesima cosa se loro avessero potuto vedere, ma gli occhi dell'adulto erano coperti. 

Ma c'è un colpo di scena:  quando gli si chiedeva esattamente su ciò che significava per loro l'invisibilità, i bambini nello studio hanno ammesso che, si,  i loro corpi erano ancora visibili quando erano coperti i loro occhi, ma  era il loro "io" ad essere nascosto nascosto, o almeno  questo è il suggerimento; i bambini sembrano fare distinzione tra corpo e “io” e  l'io sembra essere da tutti descritto come se vivesse in un certo senso negli occhi.  Per poter vedere veramente qualcuno hai bisogno incontrare il suo sguardo.

Se ti chiedessi di nominare alcune delle donne che si trovano nel Nuovo Testamento potresti citare un paio di Marie, poi c'è la donna al pozzo, di cui non conosciamo il nome.  E  non c'è forse una Lidia e  una Febe? E se ti chiedessi di  darmi alcuni passi scritti in particolare per le donne del Nuovo Testamento, potresti citare tutte le volte che Gesù incontra delle donne;  poi ce n'è uno sul tacere in chiesa. E che dire di quello che viene detto sul coprire il capo e, ultimo ma non meno importante, il versetto sull'essere sottomesse. 

A prima vista sembrerebbe che, dalla mancanza di menzione specifica, o di nomi reali, le donne nel Nuovo Testamento sono di secondaria importanza rispetto ai grandi eroi della chiesa primitiva il cui insegnamento e la cui testimonianza ci stanno giustamente a cuore. Eppure il NuovoTestamento è popolato da molte coraggiose, belle, fedeli  donne di Dio. È come se fossero nascoste, ma in bella  vista.

Forse dobbiamo scrollarci di dosso le nostre bende culturali e sorvolare su di esse, per poter incontrare il loro sguardo e vederle davvero. Hanno molto da insegnarci e io credo che la loro presenza sia una sfida anche per noi.

Voglio iniziare dando un'occhiata a Romani in particolare Romani 16 e a tre donne che vi troviamo. Nel momento in cui scrive Paolo è a Corinto, non ha potuto visitare i credenti a Roma e quindi scrive loro. E così succede che  scriverà una delle più grandi esposizioni della fede cristiana che abbiamo. Nei capitoli da 1 a 8 espone i fondamenti della fede; nei capitoli da 9 a 11 spiega la sovranità di Dio sulla salvezza e nei capitoli da 12 a 16 li e ci istruisce  su come vivere una vita santa. Include anche un po' di  suggerimenti pratici: sta programmando dei viaggi a Gerusalemme e in  Spagna e spera che i credenti di Roma lo sostengano in questo.

“Per questa ragione appunto sono stato tante volte impedito di venire da voi; ma ora, non avendo più campo d’azione in queste regioni, e avendo già da molti anni un gran desiderio di venire da voi...” (Romani 15:22-23)

Paolo termina la sua lettera con un elenco di saluti personali a tutti di coloro che sono stati di aiuto al suo ministero, ai capi della chiesa e a amici cari. Le donne nominate e salutate con ruoli specifici sono Febe, Prisca, Giunia, Perside, Maria, Trifena e Trifosa, la  madre di Rufo, la sorella di Nereo e Giulia.

Queste donne hanno ricoperto ruoli e ministeri significativi all'interno delle prime congregazioni cristiane a Roma. A proposito, parlo  della chiesa primitiva in questo modovisto che ci sono prove storiche e archeologiche che ci suggerire che a quei tempi la chiesa si riunisse in case private, oppure in altri luoghi simili, e quindi, per necessità, ciascun guippo era di numero limitato, ma faceva comunque parte di una rete molto più grande. Poiché si riunivano in privato, sarebbe stato molto più facile per una donna ricoprire un ruolo di leadership e di autorità.

Tuttavia, il punto più significativo  è che questa grande esegesi della fede fu affidata per essere recapitata ad una donna; . E  quella donna è Febe.

“Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diaconessa della chiesa di Cencrea, perché la riceviate nel Signore, in modo degno dei santi, e le prestiate assistenza in qualunque cosa ella possa aver bisogno di voi; poiché ella pure ha prestato assistenza a molti e anche a me.” (Romani 16:1-2)

Paula Gooder (una teologa britannica)  sottolinea che ci sono cinque fatti interessanti in questi due versetti. Il  primo è che affidando a Febe il compito di  consegnare la lettera, ella sarebbe ovviamente stata la lettrice  di essa. Era usanza del tempo che la persona che portava la lettera fosse anche il lettore.. Da ciò non è un gran salto il pensare che gli ascoltatori le facessero domande: "Allora Febe, cosa vuole dire esattamente Paolo nel papiro 5 al punto dieci?", e ciò fa di una donna la prima esegeta di questo grande libro. 

In secondo luogo Paolo la chiama diaconessa della chiesa Cencrea, la città portuale di Corinto. Nel 2021 nessuno sa per certo cosa si intenda con questo termine; alcuni dicono significhi ministro, altri servo, e non è usato allo stesso modo in altre sue lettere. Ma sia la chiesa di Corinto che quella di Roma sapevano esattamente cosa significasse e Paolo non deve spiegarlo; è un dato di fatto, lei è una diaconessa e ciò porta con sé una certa autorità.

In terzo luogo usa la frase "vi raccomando" che letteralmente significa  di “riceverla come se stiate  ricevendo me.” Non è semplicemente la rappresentante di Paolo, è lui stesso. 

In quarto luogo si riferisce a lei come a una benefattrice, o sostenitrice (in italiano si chiamano “mecenati”) . Noi sappiamo dal racconto  che  era capace di viaggiare e l'uso di questo termine ci dice che Febe doveva essere ricca e di alto rango sociale. Il mecenatismo era come il mondo antico funzionava: in parole povere un sostenitore (mecenate) aiutava economicamente i suoi clienti con denaro nelle questioni legali, negli affari, sponsorizzando attività , sostenendo artisti, e anche organizzando matrimoni. Febe è una di queste persone, con una piccola differenza, lei è la benefattrice di molti credenti, compreso Paolo 

Il quinto e ultimo fatto interessante su Febe è il suo nome: è un nome da schiava. Era una “liberta” ovvero una schiava liberata.  Non pensi varrebbe la pena di conoscerla?

La mia seconda donna di Romani 16 è Prisca o Priscilla; in alcune traduzioni è chiamata così.

“Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù ,i quali hanno rischiato la vita per me; a loro non io soltanto sono grato, ma anche tutte le chiese delle nazioni.” (Romani 16:3-4)

Priscilla e Aquila sono una coppia sposata, di professione producono tende e sono ebrei convertiti originari di Roma. Dopo la persecuzione del popolo ebraico sotto l'imperatore Claudio, si diressero in Grecia, dove incontrarono Paolo; avevano fatto da tutori al dinamico evangelista Apollo. Insieme sono citati sette volte nel Nuovo Testamento in quattro libri diversi e, cosa più interessante, Priscilla 5 volte su 7 è nominata per prima. 

Non era l'abitudine di quei tempi e ciò significa che Priscilla ha avuto un ruolo da protagonista nella loro ministero congiunto. E che ministero è stato! Hanno dato rifugio e lavoro a Paolo quando è arrivato per la prima volta a Corinto; hanno viaggiato con lui mentre andava a Efeso per stabilire una  chiesa lì. 

E' là che hanno preso con se Apollo che anche se era “uomo dotto” e  parlava “accuratamente” e “con grande fervore”, la sua conoscenza della via di Dio era incompleta (Atti 18:24). Riconoscendo l'opportunità di investire in questo giovane capo, Priscilla e Aquila lo invitarono nella loro casa e gli fornirono istruzioni più approfondite.

Hanno rischiato le loro stesse vite per Paolo, in che modo non lo sappiamo esattamente, ma il linguaggio usato indica   fosse una seria minaccia per la vita. E infine Paolo dichiara che le chiese dei pagani convertiti (i gentili) del tempo devono ringraziare questa coppia sorprendente. Celeste ha parlato con forza la scorsa settimana della necessità che uomini e donne lavorino e collaborino nella chiesa;  Priscilla e Aquila dimostrano che quando questo è fatto senza preoccuparsi di chi dei tue  sia il capo,  allora questo può  cambiare il mondo.

“Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia, i quali si sono segnalati fra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me.” (Romani 16:7)

Per 1200 anni di storia della chiesa non c'è stato alcun dibattito sul fatto che Giunia fosse una donna;  qualcuno chiamato Giles di Roma  decise che questo non poteva assolutamente essere vero e così cambiò il suo nome in Giunias. Questo potrebbe non essere un problema tranne per il fatto che Giunias non esiste come nome. Lei è molto chiaramente Giunia e, che Dio  la benedica, è forse la donna più controversa in assoluto Bibbia; perché,  cosa significa quando si  dice " si sono segnalati fra gli apostoli”? 

Che cos'è un apostolo? Paolo, Barnaba (Atti 14:14), Sila e Timoteo (1Tess. 2:6b; cfr. 1 Tess. 1:1a), Apollo (1 Cor 1,12), Epafrodito (Fil. 2:25) sono tutti descritti come apostoli, quindi non può significare solo i discepoli originali

Un apostolo ( apostolos ) è letteralmente qualcuno che è "inviato" (verbo: apostellō ) in missione.

Alcune traduzioni inglesi, hanno una nota a piè di pagina dove si spiega che apostolo può significare messaggero. Tuttavia, io penso che possiamo essere tutti d'accordo sul fatto che Paolo, Pietro, Barnaba eccetera, erano molto più che messaggeri. Dalla descrizione che abbiamo di Andronico e Giunia, compreso il fatto che furono imprigionati con l'apostolo Paolo, sembra che entrambi fossero coinvolti in importanti ministeri. Paolo dice che Andronico e Giunia erano compagni di prigionia per onorarli, e questo significa  che furono tutti imprigionati per la loro opera missionaria. 

E poi c'è l'altra frase difficile. In molte traduzioni anglosassoni la frase “si sono segnalati tra gli apostoli”  (greco: episēmos en tois apostolois)è tradotta come “erano noti agli apostoli”.

(Nella nuova Riveuita e Nuova Diodati è “si sono segnalati”. Nella TILC è “Sono molto stimati tra gli apostoli. Solo nella CEI viene detto: “ sono degli apostoli insigni”.)

Episemos è eccezionale, eppure ci sono un certo numero di traduzioni che usano la frase molto più mite "ben noto". “En” è una parola comune ed è usata circa 2830 volte nel Nuovo Testamento. Questa parola è sempre tradotta come "in" o "tra" in inglese. Non è mai "agli".  Non mi interessa molto se Giunia fosse o meno un'apostola, ma scommetto che lo era. Quello che mi interessa sono le traduzioni sciatte che cercano di cancellare le donne dalle Scritture o di ammorbidire l'importanza del loro ministero. Per lo meno è irrispettoso.

Queste tre donne hanno contribuito a plasmare la chiesa, a renderla stabile  e a farla crescere. Siamo qui grazie a loro.

C'è un ultimo punto che voglio sottolineare, e prometto che sarà uno veloce. Voglio tornare aii Vangeli e al modello di Gesù e in particolare l'episodio con Marta e Maria.

“Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio; e una donna, di nome Marta, lo ospitò in casa sua. Marta aveva una sorella chiamata Maria, la quale, sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola.  Ma Marta, tutta presa dalle faccende domestiche, venne e disse: «Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria.  Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta».”. (Luca 10:38-42)

Dai un'occhiata più da vicino alla frase " Maria, la quale, sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola.' È lo stessa frase usata da Paolo in Atti 22 quando descrive se stesso prima della conversione come incarnazione del fervente discepolo  ebreo seduto ai piedi di Gamaliele. 

Se sedevi ai piedi di un insegnante c'era l'implicito riconoscimento che eri un suo discepolo e che un giorno saresti diventato un insegnante.

Marta è arrabbiata perché è stata lasciata da sola a fare tutti i lavori domestici, ma anche perché Maria ha attraversato il confine culturale che dice che le donne non possono essere nella migliore stanza con l'insegnante per imparare ad essere un discepolo. E guarda la risposta di Gesù: "Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta ».

Torniamo da dove abbiamo iniziato tutta questa serie

“Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù.” (Galati 3:28)

Le donne della Bibbia  sono lì per noi da vedere, dobbiamo semplicemente essere pronti, essere pronte i a incontrare il loro sguardo e ad essere benedetti, essere benedette e sfidati, e sfidate da loro. Forse allora insieme come uomini e donne di fede possiamo, come diceva Celeste, celebrare, fare festa.

“Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione. V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti.” (Efesini 4:4-6)

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