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"La guerra è quando i più vulnerabili soffrono. È quando le cose ordinarie, per esempio, andare al negozio e comprare del pane ucraino fresco, caldo e fragrante diventa impossibile. È quando incontri ogni giorno persone che non mangiano pane da quattro o cinque giorni, per non parlare di tutto il resto".
"La guerra è quando il posto più sicuro per dormire nel tuo appartamento è il bagno, anche se ovviamente è per altri scopi".
"La guerra è quando chi ti desta la mattina, se sei riuscito ad addormentarti del tutto, non è la sveglia o il canto degli uccelli, ma i suoni delle sirene o delle esplosioni delle bombe che ti fanno tremare".
“La guerra è quando "relativamente silenzioso" non significa assenza di esplosioni o sirene, ma piuttosto meno esplosioni e meno sirene vicino a te.”
“La guerra è quando un bel tramonto viene oscurato dal fumo delle esplosioni.”
“La guerra è quando parlano le armi invece delle persone...”
Sono le riflessioni di Fyodor Rychynets, il professore di Teologia all'istituto Biblico di Kiev con cui mi sto sentendo e di cui sto traducendo ogni giorno le riflessioni del suo diario quotidiano di guerra
Una volta il mestiere di Fyodor era quello di insegnare, ora è quello di mettere in pratica ciò che ha insegnato:
“E' il momento in cui sei chiamato a fare tue le convinzioni che hai pronunciate in tempo di pace e che, adesso, in tempo di guerra, devi vivere...” ha detto Fyodor.
“Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli. Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati. Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli. (Matteo 5:3.10)
Il mondo sta agendo in questo momento, vediamo tante persone che stanno agendo, ma una cosa è l'aiuto di adesso, altro sarà l'aiuto fra un mese, tre mesi, un anno. Cosa ne sarà dell'aiuto, cosa ne sarà del nostro coinvolgimento, cosa ne sarà del nostro essere chiamati a testimoniare della nostra fede e, come dice Fyodor, mettere in pratica le convinzioni che abbiamo pronunciato in tempo di pace e che ora dobbiamo viverle in tempo di guerra?
Le persone non avranno bisogno della nostra emozione domenicale; possiamo emozionarci, possiamo fare una lacrimuccia e commuoverci davanti alle TV per ciò che vediamo, ma bisogna che il sostegno vada oltre, che non ci si dimentichi della guerra soltanto perché la notizia è "scalata" in seconda, terza, quarta posizione, e poi non compare più nemmeno prima delle previsioni del tempo.
Gesù ci chiama ad essere assetati ed affamati per ciò che è giusto, anche se costa; non a cercare la pace ma a creare la pace, a darle voce e forma. A noi può costare qualche soldo, al popolo in Ucraina sta costando la vita.
Gesù ci chiama non a parlare di pace, ma a creare la pace; come si crea la pace stando a casa? La pace la si crea non smettendo di testimoniare che la pace non è l'assenza di guerra, ma la comunione tra le persone di qualsiasi lingua, di qualsiasi popolo, di qualsiasi religione, di qualsiasi strato sociale.
Che significa questo? Significa anche non dimenticare. Gesù ci chiama ad avere misericordia dal latino miser “pietà” e cordis “nel cuore”.
La Pietas per i romani era una dea, che governava i doveri di ciascun uomo e ciascuna donna. Quello significa avere pietà: dove essere governati da qualcosa che comandi il nostro io interiore verso tutte le cose giuste, sane e vere. Gesù ci chiama ad avere un cuore, che comandi la mente e le nostre azioni.
“Allora il re dirà a quelli della sua destra: “Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che vi è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?” E il re risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, lo avete fatto a me”. (Matteo 25:34-40)
“E' il momento in cui sei chiamato a fare tue le convinzioni che hai pronunciate in tempo di pace e che, adesso, in tempo di guerra, devi vivere...” ...anche se la guerra può sembrarti distante, anche se puoi pensare che non riguardi te, anche se pensi che non potrai fare abbastanza.
Molte persone dicono. "Che potrei mai fare io per far cessare la guerra?" Gesù non dice che dovrai necessariamente andare a parlare con i potenti della terra; Paolo fu chiamato a farlo, tu forse no. Ma Gesù parla di cose molto più pratiche.
Gesù parla di un pane, di un bicchiere d'acqua, di un letto su cui dormire, di un vestito, di una medicina, di una visita...
Non ti chiede di far cessare la guerra; magari di pregare che cessi, quello si. Non ti chiede di andare a colloquio coi potenti della terra, ma ti chiede di essere presente nella vita di chi la guerra la vive.
Preghiamo.
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