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24 aprile 2022

Non dipende da me... | 24 Aprile 2022 |

Quante volte, vedendo una necessità nel mondo, hai sentito la frustrazione di essere troppo piccolo o piccola di fronte alle necessità? Quante volte hai detto "non dipende da me..."? Gesù ti chiede di essere un suo strumento affinché la sua potenza arrivi dove tu non potresti... perché tutto dipende da lui.
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Come siete messi con la “voglia di fare”? Personalmente, dopo il Covid, e adesso la guerra, non è che abbia molta voglia in generale; e questo, lo riconosco da me, è uno dei sintomi dell'inizio di una “depressione”.

Intendetemi, non è una depressione “patologica”, una di quelle che vanno curate con i farmaci, ma quella molto più comune che capita quando vedi che un bel po' di cose a questo mondo non vanno nel senso giusto.

Sono quei momenti dove pensi: “Ma tanto, che io faccia o non faccia, mi impegni o non mi impegni praticamente cambierà poco, se non nulla... Tanto non dipende da me.”. E ci si sente “sopraffatti ed oppressi”.

Vi è ma capitato, se non adesso in passato,  di aver avuto momenti in cui vi siete sentiti sopraffatti? Dove vi siete sentiti affogare emotivamente? Dove c'era un senso di sconfitta? Dove vi siete sentiti oppressi?

La parola"oppresso" vi fa venire in mente a qualche passo della Bibbia?

“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” (Matteo 11:28)

Ora, di che tipo di “oppressione” stava parlando Gesù? In che contesto stava parlando? Matteo non lo dice... ma lo possiamo sapere dal Vangelo di Luca:

Qualche versetto prima, al 25 di Matteo, Gesù aveva detto questa frase:

“Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli.” (Matteo 11:26)

E la stessa medesima frase la troviamo nel vangelo di Luca:

“In quella stessa ora, Gesù, mosso dallo Spirito Santo, esultò e disse: Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli!” (Luca 10:21-22)

Per cui, siamo convinti che è lo stesso episodio... Ma prima?  Cosa era accaduto prima “in quella stessa ora”? Leggiamo ancora in Luca:

“Or i settanta tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni ci sono sottoposti nel tuo nome».” (Luca 10:17)

Cosa era successo? Gesù aveva mandato settanta discepoli  dandogli il potere di guarire, di resuscitare, di scacciare demoni, ed essi erano tornati urlando di gioia per quello che erano stati capaci di fare, e dicendo “Funziona davvero!”...

E perché mai dovrebbero essere affaticati ed oppressi? Gesù lo aveva spiegato loro proprio al ritorno dalla missione vittoriosa.

“Ed egli disse loro: «Io vedevo Satana cadere dal cielo come folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni, e su tutta la potenza del nemico; nulla potrà farvi del male. Tuttavia, non vi rallegrate perché gli spiriti vi sono sottoposti, ma rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.” (Luca 10:20)

Vedete, come Gesù stava sottolinenando due cose: la prima, che non era merito loro,  ma della potenza che lui gli aveva dato.

La seconda, che il “vedere” l'effetto della sua potenza fosse del tutto secondario, ma che la cosa primaria, la cosa davvero importante, era quella di avere il proprio nome scritto nel libro della Vita, in Cielo presso il Padre.

Per essere più chiari, Gesù sta dicendo: “Non gioite per quello che avete fatto, non è merito vostro, ma gioite perché lo avete fatto, perché siete miei discepoli!”

Anche il grande Paolo aveva ben capito che, in tutto il suo lavoro da apostolo, la vera “fatica” non la stava facendo lui, ma Dio:

”...perché io sono il minimo degli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio {che è} con me.” (1 Corinzi 15:9-10)

So cosa stai pensando adesso: “Marco, ma tutto questo, cosa centra con quello che hai detto all'inizio? Con la depressione, col sentirsi oppressi?”

Stiamo vivendo da tre anni, prima col Covid, ora con la guerra in Ucraina e le sue conseguenze a livello mondiale, una situazione di incertezza estrema, dove non sappiamo cosa ci attende domani... e, di conseguenza, noi, spesso, attendiamo.

Attendiamo per fare acquisti importanti, per decidere circa il nostro lavoro, reagiamo più che pianificare la nostra vita, perché “nel diman non v'è certezza”... (per dirla con Lorenzo il Magnifico). E questo accade anche nella nostra vita di credenti.

Vediamo le necessità immani del mondo, e pensiamo che, quello che potremmo fare, è ben poca cosa... e allora, rimandiamo... rimandiamo a data da destinarsi, quando sarà il momento opportuno, perché adesso siamo troppo occupati, o stanchi, o preoccupati...

E poi, ti capita di leggere delle storie che parlano di come le persone non hanno aspettato il momento opportuno, o di essere liberi, o riposati, o rilassati, ma hanno semplicemente “agito”.

Le storie che vi leggo sono due,  ed entrambe legate all'Ucraina,  una di una persona di cui non so se sia credente, ed una di un credente.

La prima è quella di un cuoco, che aveva vinto “Masterchef Ucraina”, di nome Pavlo:

Pavlo Servetnyk
«Mentre mi trovavo a Kherson, nella mia città natale, il 24 febbraio, intorno alle 5.45 del mattino, ho avuto la notizia dal mio manager, che mi diceva "Pasha, è iniziata la guerra'" Non riuscivo a pensare lucidamente, mi ricordo che il nostro manager si stava precipitando a tornare a casa dai parenti.  Ho controllato i social e scoperto che quello che mi diceva era vero. La finestra della mia stanza guarda in direzione Crimea, e guardando fuori ho visto una colonna di fumo. Ho immediatamente chiamato un mio amico che stava lì nei dintorni, che mi ha detto che quel posto era completamente distrutto. È stato allora che mi sono reso conto che la guerra era iniziata.

Il primo giorno di guerra era una "follia totale”: i miei genitori si rifiutavano di lasciare le loro case come gli dicevo io per raggiungere un luogo più sicuro, perché credevano che presto ci sarebbe stata una tregua o un qualche sviluppo positivo. Poi ho deciso di restare anche io in città, assieme a mia moglie, nel mio negozio, pieno di prodotti che quel giorno non erano stati consegnati.

Quando ho raggiunto il negozio, ho notato una fila senza precedenti di persone in attesa di pane. Quel giorno la gente non era andata a lavoro: la città era in preda al panico, la fabbrica del pane non funzionava, nessuno dei negozi era aperto. Ho capito che il pane che la gente aspettava non sarebbe mai arrivato. Non sono un soldato, sono un panettiere ed è quello che ho deciso di fare.

La prima notte, in squadre di cinque, abbiamo iniziato a cuocere fino alle due del mattino, dormendo sui  tavoli di cucina. Tra i continui rumori di sparatorie e bombardamenti, abbiamo cucinato circa 1000 filoni di pane nelle notti seguenti. Moltissime persone sono venute ad aiutarci, donando sale e farina, mentre io raccontavo  il mio lavoro sui social media.

Dopo un po’, ho notato che anche 1500 filoni di pane non erano abbastanza, andava tutto immediatamente esaurito. Siamo riusciti a raccogliere fondi sufficienti tramite Instagram per poter avviare una produzione su scala più ampia. Insieme ai fondi, abbiamo raccolto 100 tonnellate di cereali e 4 tonnellate di lievito da un uomo d’affari locale che voleva aiutare. Così abbiamo distribuito circa 65000 filoni di pane alla gente di Kherson.

Ci sono due tipi di persone: quelle come me e le altre. Non cerco profitto nella guerra: altri tipi di persone cercano di beneficiare da questi eventi orribili. Alcuni ristoranti hanno congelato i prodotti rimanenti e alla riapertura rivendevano tutto questo cibo allo stesso prezzo. Hanno scelto i profitti rispetto agli aiuti umanitari… io non potevo farlo. Sono l’unico in città ad avere attiva una fornitura di pane; se non lo faccio io, non c’è nessuno che possa farlo.»

La seconda storia è stata postata da una amica della nostra chiesa, Ruth MacCárthaigh, sulla sua pagina FaceBook...  e questa volta parla di un credente:

Walter Burrell

«C'era un signore anziano che conoscevo che si chiamava Walter Burrell. Ha lavorato come  credente per anni e anni sulle banchine del porto di Cork in Irlanda. 
Saliva sulle navi, in particolare su quelle dei paesi comunisti e parlava di Gesù ai lavoratori a bordo. A volte metteva un bel po' di uomini nella sua piccola macchina e se li portava a casa, dove lui e sua moglie davano loro un pasto caldo. A volte li portava a uno studio biblico o a un servizio in chiesa. Preparava anche scatole regalo(molto  prima che diventasse di moda) e le riempiva di cappelli e guanti che anziane signore lavoravano a maglia per tenere caldi i poveri lavoratori nelle notti fredde. Ha fatto questo per anni. 

Un giorno di molti anni fa Walter salì a bordo di una nave che era arrivata nel porto di Cork dall'Ucraina comunista. Incontrò due uomini a bordo con i quali parlò e passò un po' di tempo. Walter condivise con loro come conoscere Dio, come avere una relazione intima con Lui e come essere salvati. 

Gli uomini tornarono poi a bordo della nave e salparono, senza mai più incontrare Walter. 

Tuttavia, poco dopo entrambi gli uomini diedero la loro vita a Gesù e furono salvati. Tornarono in Ucraina e si unirono ad una chiesa e crebbero sempre di più nella loro fede e conoscenza di Dio. 

Alla fine questi uomini giunsero ad essere credenti maturi, e Dio li usò per iniziare davvero molte altre chiese in Ucraina. Grazie a loro migliaia e migliaia di persone misero la loro fiducia in Gesù e divennero cristiani, e tutto attraverso il lavoro fedele, duro e faticoso di un piccolo uomo a Cork qui in Irlanda.»

Perché questi due racconti c'entrano con noi e con il fatto che “tanto non dipende da me”?

Pensate che Pavlo si sarebbe mai aspettato di essere chiamato a sfamare la sua intera città?

Pensate che Walter si sarebbe mai aspettato che, entrando su una barca Ucraina (anzi sovietica, all'epoca) e parlando con due marinai (non so neppure io come e in che lingua) sarebbero state fondate più chiese, migliaia di persone avrebbero ascoltato il Vangelo, molte di esse avrebbero accettato Gesù, e sarebbero state salvate?

Se Pavlo avesse deciso di fuggire, o di congelare la farina come facevano altri, se avesse detto “tanto non dipende da me” a Kerson non ci sarebbe pane oggi.

Se Walter si fosse stancato di parlare e di fare il bene,  se avesse pensato che lui era troppo piccolo e troppo debole  per cambiare la storia del mondo,  se avesse detto “tanto non dipende da me” adesso non ci sarebbero in Ucraina quelle chiese fondate dai due marinai,  migliaia di persone non avrebbero conosciuto Gesù,  e (in questo momento di guerra)  non avrebbero il conforto di sapere che Dio esiste,  che vede e che non ha abbandonato l'Ucraina. 

Vi ricordate uno dei motti della nostra chiesa? “L’amore non è un sentimento, l'amore è un'azione.”

Cosa è che non stai facendo, e che il Signore ti chiama a fare? Cosa stai rimandando perché non è il momento adatto, Cosa non fai perché pensi di essere troppo piccolo, o troppi piccola perché “tanto non dipende da me”?

Ricorda la lezione dei settanta: guarnivano gli ammalati, resuscitavano i morti, scacciavano i demoni, ma Gesù gli ricorda che dovevano gioire non per ciò che accadeva, ma perché avevano deciso di servire affinché accadesse. Perché avevano dato braccia, mani e piedi alla potenza di Dio. Perché non avevano detto “tanto non dipende da me” ma avevano detto invece  “tutto dipende da colui in cui credo e che mi chiede di agire.”

La nostra è una piccolissima chiesa; come molte chiese in Italia,  dall'inizio della pandemia, ha visto numeri sempre più risicati, tanto da dire se valga ancora la pena  tenere aperta una sala.

Molti di noi vivono con un reddito  ben al di sotto della media nazionale (per non dire sotto l'indice di povertà).

Ma negli anni abbiamo fatto tante cose che parevano impossibili! I corsi di inglese gratuiti, i soccorsi per l'incendio dello stabile a Montefiascone il concerto per reperire fondi per il terremoto di Amatrice... Perché siamo stati bravi noi? Certamente no!” Perché dietro tutto ciò che abbiamo fatto, c'era la potenza di Gesù!

Ma abbiamo realmente capito perché lo facciamo? E che tutto parte da “chi siamo” non da ciò che facciamo, da quel “tutto dipende da colui in cui credo e che mi chiede di agire.”? Io mi auguro sinceramente di si!

La pandemia, la guerra, il senso di incertezza, tutto lotta contro, per far pensare, sentire, dire: a ognuno di noi “Non si può, io non posso incidere nelle vite altrui: troppo piccolo, troppo debole, troppo occupato... Tanto non dipende da me...”

Salomone, al termine della sua lunga e saggia vita, ha scritto queste parole:

“Chi bada al vento non seminerà; chi guarda alle nuvole non mieterà. Come tu non conosci la via del vento, né come si formino le ossa in seno alla donna incinta, così non conosci l’opera di Dio, che fa tutto. “ (Ecclesiaste 11: 4-5)

Quale seme non hai ancora seminato? Quale testimonianza ancora non hai dato a chi conosci e vive intorno a te? Quale impegno ancora non ha preso? Quale  aiuto ancora noi non hai provveduto?

Il Signore ti dice di non guardare il meteo, ma di fissare lo sguardo su di lui:

“Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta.” (Ebrei 12:1-2)

Ecco perché Gesù in Matteo ci dice che ci darà riposo; perché il peso non è il nostro, perché è lui che lo porta, perché è lui che guida, perché tutto dipende da lui,  e ci chiede di agire nella sua potenza.

Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo per le anime vostre  poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero.” (Matteo 11:29-30)

Conclusione

Tutto questo,  la storia dei settanta discepoli, quella di Pavlo e quella di Walter, ti chiedono di riflettere su cosa stai facendo, sul fatto che è vero, non dipende da te... ma che Gesù ti da la potenza affinché le cose accadano, le persone vengano confortate e sfamate, perché il mondo cambi in qualche impercettibile modo...

E che se, ognuno di noi non dice “tanto non dipende da me” ma “eccomi Signore, usami!” allora le cose accadono,  le persone vengono sfamate, le chiese vengono fondate, e la Parola di Cristo raggiunge le folle. 

Io devo solamente seguire il passo del mio Maestro; al resto pensa tutto lui.

Preghiamo.

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17 aprile 2022

Luoghi vuoti per riempire la tua vita - Pasqua 2022 | 17 Aprile 2022 |

Dio non è più in un luogo, ma in ogni luogo dove ci siano persone che vedono, e credono, che il sacrificio della  croce e la tomba vuota sono la via per avere una relazione con lui.
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Cosa ti fa pensare una tenda posta in mezzo ad una stanza? Ti dico cosa suscita in me: curiosità. Voglia di sbirciare.  Necessità di sapere cosa c'è dietro.

Se è così per noi,  immagina come era per i sacerdoti israeliti  che lavoravano al Tempio di Gerusalemme.

Dio aveva posto nel mezzo del Tempio due separazioni: il luogo Santo, e il luogo Santissimo.

Il luogo Santo era separato da una prima cortina che era  sospesa al tetto e non toccava terra, e dentro quel luogo potevano entrare solo i sacerdoti.

Il Santissimo invece era al centro del tempio di Gerusalemme, alto quasi 30 metri e largo 10,  e al suo ingresso c'era la  seconda “cortina” (detta anche “velo”); era molto più grande della prima, andava dal tetto al pavimento, era color porpora con disegni di cherubini ed era spessa 10 centimetri. I rabbini usavano dire  che nemmeno due cavalli legati ad ogni lato  avrebbero potuto strapparla.

Non era solamente una separazione fisica, una porta da attraversare, ma una separazione spirituale, un giudizio che Dio aveva dato verso la sua creatura: “
Tu sei impuro, io non ti voglio più vicino, ti voglio bene, ma stammi distante di un passo.”

Cosa c'era di così speciale nel Santissimo?  Questo era il luogo dove  si sarebbe manifestata la presenza di Dio.

Dio permetteva solo ad alcuni di stargli un po' vicino; i sacerdoti dietro la prima cortina potevano servirlo, ma nessuno poteva stare costantemente alla sua presenza.

Nessuno, tranne il Sommo Sacerdote e questo solo una volta all'anno, e solo dopo che alcuni elaborati rituali avevano avuto luogo.

E, come ho detto più volte, il sommo sacerdote doveva indossare una campanella al piede, e legare una fune alla vita così che da fuori gli altri sacerdoti sapessero che si stava muovendo che era vivo e che Dio non lo aveva fulminato, e se non sentivano più la campanella voleva dire che era morto,  e tirare la corda per prendere il cadavere.

Cosa c'era all'interno del luogo Santissimo? ce lo spiega Ebrei:

“Dietro la seconda cortina c’era il tabernacolo, detto il luogo santissimo. Conteneva un incensiere d’oro, l’arca del patto tutta ricoperta d’oro, nella quale c’erano un vaso d’oro contenente la manna, la verga di Aaronne, che era fiorita, e le tavole del patto.” (Ebrei 9:3-5)

In realtà, all'interno del Luogo Santissimo all'epoca di Gesù non c'era più l'Arca del patto, che sparì misteriosamente  e quando  i babilonesi distrussero il tempio di Gerusalemme dell'arca già non c'era più traccia. In 2 Re 8 c'è l'inventario di tutto ciò che fu portato via da tempio e trasferito a Babilonia... ma l'arca non c'era.

Che fine aveva fatto? Per chi è appassionato di Indiana Jones potrà trovare utili suggerimenti

nel film “I predatori dell'Arca perduta”... Per tutti gli altri, la risposa è: non si sa. Ma il Luogo Santissimo era ancora speciale agli occhi degli Ebrei.

Entrare nel luogo Santissimo equivaleva ad entrare in Paradiso; era come tornare Adamo o Eva, gli unici che avevano passeggiato assieme a Dio prima che tutto precipitasse

Ora che abbiamo questo contesto, leggiamo un passo di Matteo:

“All’ora sesta si fecero tenebre su tutto il paese, fino all’ora nona E, verso l’ora nona, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lamà sabactàni?», cioè: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Costui chiama Elia».  E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, inzuppatala di aceto, la pose in cima a una canna e gli diede da bere.  Ma gli altri dicevano: «Lascia, vediamo se Elia viene a salvarlo». E Gesù, avendo di nuovo gridato con gran voce, rese lo spirito. Ed ecco, la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si schiantarono, le tombe si aprirono e molti corpi dei santi, che dormivano, risuscitarono; e, usciti dai sepolcri dopo la risurrezione di lui, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, visto il terremoto e le cose avvenute, furono presi da grande spavento e dissero: «Veramente costui era Figlio di Dio».” (Matteo 27:45-55)

Immagina di essere uno dei sacerdoti  che erano in servizio il giorno in cui Gesù fu crocifisso.

Stai preparando tutto quando c'è da fare perché tra tre giorni sarà Pascha, la pasqua ebraica. In città arriveranno in pellegrinaggio dieci volte la popolazione di Gerusalemme, e i Romani che la occupano diventeranno nervosi.

Sangue e interiora di animali sono sparsi un po' ovunque  per via dei sacrifici propiziatorie  fatti all'ingresso del Tempio, e l'odore di arrosto di agnello del sacrificio rende l'aria pesante.

E' innegabile che gran parte dei discorsi che faceva la gente in quei giorni ruotassero attorno alla condanna a morte per croce di quel nazareno che era nemico dei farisei, odiato da quasi tutti i sacerdoti, amato dalle folle.

È stata una giornata molto insolita.  Anche se è giorno, dall'ora di pranzo il sole era stato oscurato. Poi, con la stessa rapidità con cui era scomparso,  il sole era uscito di nuovo.

Tutto sembra tornare alla normalità,  finché non senti un rumore alle tue spalle.  È la visione più orribile che tu abbia mai visto. Il velo!!!

La cortina che nasconde Dio ... La tenda che copre l'inavvicinabile...la tenda che i cavalli non possono  strappare... Quella tenda si sta strappando!

Si strappa, dall'alto verso il basso,  come se due mani potenti l'avessero afferrata e lacerata.  E ora stai fissando il Santissimo... Una vista che poche persone hanno avuto.

Cosa significa questo evento?  Dipende dalla tua prospettiva.  Se tu fossi un sacerdote ebreo,  o qualsiasi ebreo, cosa pensi che stia per succedere?

Che morirete tutti, perché la Scrittura dice che un uomo non può vedere Dio e rimanere vivo.

Allora cerchi di coprire i tuoi occhi per non vedere la presenza di Dio. Fai del tuo meglio per non guardare Santissimo... Ma alla fine entri... Il luogo è vuoto... E tu sei ancora vivo.

E' vuoto, silenzioso Dov'è Dio? Dio, semplicemente, non è più lì...  Ha lasciato  il Tempio... Il velo non serve più...

Fino a un minuto fa, c'era... E ora? Dio, nonostante il popolo si fosse dimenticato  che li aveva liberati dalla schiavitù in Egitto, nonostante avesse visto le regole date sul Sinai  disattese, calpestate,  violate, nonostante i sacerdoti avessero trasformato il rapporto con lui in una serie di regole vuote, di sacrifici inutili, fatti solo per dare spettacolo di se, nonostante il progetto di portare Dio agli altri fosse diventato “Noi abbiamo Dio e voi no” Dio era rimasto lì... e ora?

Nella cultura del mondo orientale al tempo di Gesù  la gente esprimeva il proprio dolore strappandosi le vesti;  strappando il velo, Dio mostra il suo dolore  per ciò che il tempio era diventato, ma rende possibile entrare, e vedere che lui non è più lì... E apre così una nuova via a tutti i credenti!

Dio aveva creato il Tempio per essere vicino al suo popolo ma il popolo pensava di avere Dio in una scatola.

Una stanza vuota

Ed ora? Ora che il luogo Santissimo è esposto, ora che tutti lo possono vedere, entrare, camminarci dentro,

ora che è solo un'altra stanza del tempio, e non il luogo dove Dio si manifesta all'uomo, cosa succede? Dio lascia che il mondo veda una stanza vuota una stanza vuota che riflette una religione vuota, che secoli di mistero, meraviglia e timore  siano scrostati via; non è più necessario.

Dio non c'è più là dentro,  Dio non è più in una stanza... ha davvero abbandonato l'uomo?

Tutt'altro! Dio ha lasciato l'edificio  perché ha intenzione di tornare laddove tutto era iniziato: vi ricordate l'Eden? 

“Però, la grazia non è come la trasgressione. Perché se per la trasgressione di uno solo molti sono morti, a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti.” (Romani 5:15) 

Dio aveva provveduto un nuovo Adamo, qualcuno che avrebbe firmato un patto con lui, e quel patto sarebbe stato eterno... Non c'era più bisogno di un tempio, di un tempio fisico, fatto di pietra, mattoni, tavole, tegole...

Tutto ciò  era avvenuto  “gratis” per noi, non per Dio né per suo figlio: Dio aveva permesso che Suo Figlio fosse vittima di un'ingiustizia, aveva guardato mentre Suo Figlio veniva condotto come un agnello al macello, aveva dovuto voltare  le spalle a Suo Figlio e abbandonarlo completamente, togliere la vita a Suo Figlio.... Per cosa? Per chi? .Per te e per me, per noi.

I velo può essere strappato,  il tempio è vuoto, Dio non è più lì... E adesso?

Una tomba vuota

Ci vorranno tre giorni, e il mondo capirà cosa è successo, attraverso un'altro luogo vuoto. Quello che avrebbe dovuto contenere il cadavere di un giovane uomo crocifisso e invece è vuoto... come il luogo Santissimo nel Tempio:

“Il primo giorno della settimana, la mattina presto, mentre era ancora buio, Maria Maddalena andò al sepolcro e vide la pietra tolta dal sepolcro.  Allora corse verso Simon Pietro e l’altro discepolo che Gesù amava, e disse loro: «Hanno tolto il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’abbiano messo».  Pietro e l’altro discepolo uscirono dunque e si avviarono al sepolcro.  I due correvano assieme, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse primo al sepolcro;  e, chinatosi, vide le fasce per terra, ma non entrò.  Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro, e vide le fasce per terra  e il sudario, che era stato sul capo di Gesù, non per terra con le fasce, ma piegato in un luogo a parte.  Allora entrò anche l’altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide, e credette.” (Giovanni 20:1-8)

Un altro luogo vuoto; ma se il primo dovrebbe farci paura, con un Dio che abbandona il luogo dove era presente sulla terra il secondo deve portarci a esultare e a gioire di una gioia suprema.

Dio non risiederà più in un luogo, ma all'interno di ciascuno che entri la tomba vuota, veda, e creda.

Mentre la cortina era stata lacerata da cima a fondo, nessuno degli ultimi indumenti portati da Gesù alla fine della sua missione di salvataggio verrà strappato: né la sua tunica, tirata a sorte dai soldati sotto la croce, né le fasce, né il sudario (il telo di lino che copriva il capo).

C'è molto di simbolico in tutto ciò: Dio distrugge la divisione tra lui e l'uomo, ma preserva gli indumenti di colui che porterà Dio tra gli uomini. Non servirà più di strappare stoffa, ciascuno potrà vestire l'abito che è rimasto intatto l'abito nuovo di Cristo:

“... ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri.” (Romani 13:14) 

“Vestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza.” (Colossesi 3:12)

La cortina è strappata, il tempio è vuoto, come la tomba, ma abbiamo un nuovo vestito;  abbiamo uno come noi che è con il Padre in cielo a difenderci. Abbiamo un Signore e Re che mette in gioco il suo sangue ogni volta che pecchiamo. Cristo prende il dolore e noi riceviamo le ricchezze. La cortina è strappata, il tempio è vuoto, come la tomba, , ma Dio è ancora con noi, forse con noi come non lo è mai stato  dal giorno in cui siamo stati scacciati da Eden.

La presenza di Dio nel tempio era un'assicurazione  che Egli ascolta le preghiere del popolo  e risponde a quelle preghiere.  La cortina strappata, il Tempio vuoto, come la tomba, urla al mondo: “Sono tornato tra voi!”

Per secoli il popolo aveva gridato:  "Non possiamo farcela da soli". La risposta di Dio è stata “Gesù lo ha fatto per voi:  ha vinto la morte, a riportato la vita.”

La cortina  può essere strappata,  il tempio può essere vuoto, come lo è la tomba, perché  Dio è tornato in mezzo a noi!

“Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo per mezzo del sangue di Gesù, per quella via nuova e vivente che egli ha inaugurata per noi attraverso la cortina, vale a dire la sua carne, e avendo noi un grande sacerdote sopra la casa di Dio, avviciniamoci con cuore sincero e con piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché fedele è colui che ha fatto le promesse.” (Ebrei 10:19-23)

In una parola ciò che sta al posto del tempio  ciò che c'è sulla soglia della tomba vuota  è una RELAZIONE con Dio, che si è fatto uomo.

Le tende hanno la capacità di farci desiderare  di sapere cosa ci sia dietro di esse.  Le tende hanno la capacità di renderci molto curiosi.  Dio non voleva più che fossimo curiosi, ma credenti.

Lui non vuole segretezza e paura. Non vuole sacerdoti, sacrifici e rituali. Non vuole mistero, e limitazioni, e unicità. Lui vuole te. Vuole che tu veda la meravigliosa grazia  che ti sta offrendo in Gesù : accesso... accesso diretto alla Sua presenza.

Questo è il dono della relazione che Dio continua ad offrire attraverso la cortina strappata, il tempio vuoto, come pure la tomba.

Dio ci ha aperto la strada  perché potessimo venire da Lui. Non lasciare che qualcosa ti trattenga.

Buona Pasqua.

Preghiamo.

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11 aprile 2022

Il Re che piange - Domenica delle Palme | 10 Aprile 2022 |

Il pianto di Gesù, in un giorno di festa per lui, dove tutti lo acclamano, deve farci riflettere: quanto sono disposto io a modificare il Gesù che ho in mente, e seguire quello vero, non la proiezione di ciò che voglio, di ciò che più mi aggrada?
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Immaginatevi che, per qualche strano motivo, foste chiamati ad essere coinvolti in qualcosa di enormemente grande, qualcosa che cambi la storia del mondo, riportando pace, prosperità, sicurezza.

Essendo di attualità, supponiamo foste chiamati  al tavolo con i capi di stato di Ucraina e Russia, e che un vostro intervento riuscisse a far cessare la guerra tra loro e che, tornati a casa, mentre passeggiate per la via principale della vostra città la gente iniziasse a battervi le mani, a gridare il vostro nome, a volersi fare “selfie” con voi. Quale reazione susciterebbe in voi? Paura? Gioia? Eccitazione? Certamente non sareste tristi,  almeno penso.

La Bibbia è la lunga storia di un tavolo negoziale tra l'uomo e Dio, dove Dio, di sua spontanea volontà decide di sedersi ad un tavolo per far cessare la guerra, anche se l'uomo non ha fatto nulla per meritaselo; e lo fa mandando un “inviato speciale”.

Le presone sapevano che Dio avrebbe mandato, prima o poi, il Cristo, il Messia, il Salvatore; e ad un certo punto accade che le folle lo acclamino tale...

Dette queste cose, Gesù andava avanti, salendo a Gerusalemme... Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla via. Quando fu vicino alla città, alla discesa del monte degli Ulivi, tutta la folla dei discepoli, con gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutte le opere potenti che avevano viste, dicendo: «Benedetto il Re che viene nel nome del Signore; pace in cielo e gloria nei luoghi altissimi!» … Quando fu vicino, vedendo la città, pianse su di essa, dicendo: «Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! Ma ora è nascosto ai tuoi occhi.  Poiché verranno su di te dei giorni nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti accerchieranno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata».  (Luca 19:28, 36-38, 41-44)

Era la prima volta che andava a Gerusalemme dopo che la aveva visitata a 12 anni. Che strana reazione, per  un mediatore che sta salvando il mondo! Gesù dovrebbe essere felice... e invece... piange! Le persone lo riconoscono come re, gli dicono che è mandato da Dio, stendono rami di palma e persino i loro mantelli affinché i suoi piedi non tocchino il suolo! Non ci dovrebbe essere motivo di piangere,  ma piuttosto di gioire!

Gerusalemme sarebbe stato il luogo dove Gesù avrebbe riappacificato l'uomo con Dio, attraverso la croce, sconfiggendo la morte. Perché il pianto, allora?

Ho detto già che la gente si aspettava che Dio mandasse il Messia, il Salvatore, e Gesù aveva fatto del tutto per farsi riconoscere come tale: leggiamo cosa era accaduto prima nel vangelo di Matteo:

“Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero a Betfage, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nella borgata che è di fronte a voi; subito troverete un’asina legata e un puledro con essa; scioglieteli e conduceteli da me. Se qualcuno vi dice qualcosa, direte che il Signore ne ha bisogno, e subito li manderà».  (Matteo 21:1-4)

Oggi appare quasi comico un re su un'asino, ma all'epoca gli asini erano un bene preziosissimo; erano usati per lavorare e per spostarsi, erano (e sono) animali intelligentissimi, stabili come carattere, estremamente affettuosi, resistenti...

Non solo l'asino era prezioso, ma era anche una sorta di "status symbol";.  re, principi e giudici ,tutti cavalcavano gli asini.  Chi possedeva un asino all'epoca era come chi ai giorni d'oggi possegga una Ferrari

Ora, figuratevi il padrone degli asini  (perché Matteo ci dice che erano due, un'asina e il suo puledro) quando ii discepoli mandati da Gesù vanno da lui, slegano i due asini, e fanno per incamminarsi verso Gesù.

E come se qualcuno assieme a un suo amico entrasse nel tuo garage dove tieni una Ferrari e una Lamborghini, le mettessero in moto e facessero per andarsene! “Scusate... dove credete di andare?” “Ah, salve... è che al nostro Signore gli servono!” “Tutte e due? Mica male! E che se ne fa?”

Ma non c'è traccia delle rimostranze del padrone degli asini.  Perché? Perché era ebreo, e perché conosceva la Bibbia, e conosceva l profezia fatta dal profeta Zaccaria:

“Esulta grandemente, o figlia di Sion, manda grida di gioia, o figlia di Gerusalemme! Ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso, umile, in groppa a un asino, sopra un puledro, il piccolo dell’asina. Io farò sparire i carri da Efraim, i cavalli da Gerusalemme e gli archi di guerra saranno distrutti. Egli parlerà di pace alle nazioni, il suo dominio si estenderà da un mare all’altro e dal fiume sino alle estremità della terra.” (Zaccaria 9:9-10)

Questo passaggio è stato scritto 500 anni prima che Gesù entrasse a Gerusalemme, per 500 anni la gente aveva aspettato...  perché nella loro mente l'equazione era semplice: quando una figura simile a un re entra in città cavalcando  un asino,  significa che la pace sta finalmente per arrivare in Israele. Niente più inchini ai romani. Niente più cittadinanza di seconda classe. Niente più aver a che fare con "dei" stranieri. Niente più povertà, niente più intolleranza, niente più guerra. Solo pace. 

Sembra tutto così perfetto, ma non lo è; perché la gente si aspetta che Gesù il Re-Messia tanto atteso, vada al palazzo dove si trova Erode,  cacci Erode e regni a Gerusalemme al suo posto, cacci i Romani, sottometta le popolazioni vicine, mettendogli tasse da pagare  così che gli ebrei diventino ricchi.

Niente di più sbagliato Gesù non entrerà nel palazzo per prendere il suo posto sul trono. Gesù non chiamerà i capi spirituali della città per organizzare una ribellione. Gesù non è venuto a Gerusalemme per fare campagna elettorale.  È venuto perché l'umanità abbia una via di salvezza.

E visto che Gesù non soddisfa le aspettative  in pochissimo tempo tutto cambia. Tra cinque giorni le folle si rivolteranno contro di Lui. “Crocifiggilo! Crocifiggilo!,  Crocifiggilo!” grideranno.  E si allineeranno di nuovo per le strade della città,  questa volta non per gridare “osanna”, ma per maledire, deridere e sputare su di lui, mentre lo guarderanno portare la sua croce sul Golgota.

Tra cinque giorni i più vicini a Lui, gli amici, lo abbandoneranno: Giuda lo tradirà per 30 pezzi d'argento, Pietro lo rinnegherà, gli altri fuggiranno persino nudi ai quattro venti.

Tra cinque giorni i romani saranno ancora in carica; Pilato giudicherà Gesù colpevole  anche se  sa che Gesù è innocente.  Gesù sarà condannato ad essere crocifisso,  una morte crudele riservata ai criminali famosi.  Per Pilato sarà normale amministrazione,  mentre cercherà di mantenere la pace nella capitale ebraica.

Tra cinque giorni i capi religiosi festeggeranno; ai loro occhi Gesù non è altro che un altro eretico,  un falso re da smascherare e deridere. E poi non si sentirà mai più parlare di Lui.

Tra cinque giorni non ci saranno più folle che approvino, e non ci sarà più passione per il Nazareno, per Colui che è arrivato in città su un asino.

Ecco perché Gesù piange.

Nella lingua ebraico la parola “pianto” ed il verbo “piangere” non era unica; c'era una specificità del tipo di pianto e del motivo del pianto. C'era una "il pianto" per quando la gente moriva, il pianto" per un dolore fisico  il pianto" dato da una emozione. E c'era una parola specifica per quando il pianto era rivolto a Dio come supplica

La parola pianto usata da Luca, in greco è la parola κλαίω klaiō un pianto a voce alta, non silente, di quando la gente è in angoscia.  È il pianto di un profondo dolore emotivo.  Sta piangendo per coloro che lo rifiuteranno.

Non sta piangendo perché è preoccupato per se stesso; sta piangendo a causa del suo intenso amore verso quello che lo processeranno, verso quelli che lo flagelleranno, verso quelli che lo accuseranno falsamente, verso quelli che ne reclameranno la morte...

Piange, perché , per quelli, il suo sangue sarà sparso invano, e non riuscirà a portarli assieme a lui.

In tutta la Bibbia non troverete mai un Gesù che gioisce della condanna dei peccatori, anche quando lo meritano. Non lo troverete mai dire: "Ve l'avevo detto".

Gesù vede le folle che lo acclamano, ma  piange perché preferirebbe vedere un risultato diverso,  vorrebbe cuori che siano aperti,  non duri e chiusi, e questo, anche per lui che è Dio,  significa che ha le mani legate.

Gesù sta piangendo perché sa che egli è l'unico che può dare la vita. Molti di quello che prima lo avevano acclamato e poi avevano gridato “ Crocifiggilo” avranno pensato: “Beh, Dio troverà un altro modo per salvarmi.”

Non c'è un'altra via. Se ci fosse un'altra via, Gesù non sarebbe in tale angoscia  per le anime perse di queste persone.

Dio ha fatto di Gesù la via per la vita eterna.  Rifiutando Gesù, la città di Gerusalemme  ha rifiutato l'unica via che darà loro il vero accesso a Dio. Il pianto di Gesù, in un giorno di relativa gioia per lui, dove tutti lo acclamano, deve farci riflettere: quanto sono disposto io a modificare il Gesù che ho in mente, e seguire quello vero, non la proiezione di ciò che voglio, di ciò che più mi aggrada?

Perché spesso noi abbiamo in mente un Gesù “a modo mio”. Quello che mi preservi da ogni difficoltà, quello che mi rende benestante, quello che mi guarisce quando sono ammalato io o un mio caro. Quello che protegge la mia casa e la mia terra...

E non vogliamo un Gesù che mi aiuti nelle difficoltà, o nella mia povertà o nella malattia mia o di miei cari... o quando la mia casa è distrutta e il mio paese sotto le bombe...

Gesù certamente non gioisce delle mie difficoltà ma il suo obiettivo non è darmi una bacchetta magica... ma affrontare la vita sapendo che questa è la breve preparazione alla prossima:

“Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne.” (2 Corinzi 4:17-18)

Vedete, se Gesù piange con angoscia  per coloro che non sono salvati...  quanto più ha pianto per coloro che sono salvati?

Se Gesù si preoccupa così profondamente  per coloro che sono Suoi nemici...  quanto più si preoccupa per coloro  i cui nomi sono nel libro della vita? Ci saranno momenti in cui ci sentiamo soli. Ci saranno giorni in cui ci interrogheremo sulla cura di Dio. A volte arriveremo al punto di alzare il pugno contro Dio, come fece Giobbe.

Ma Gesù, Dio ha pianto.  Non solo piangendo per i suoi nemici,  ma anche piangendo per coloro  che sono incisi sul palmo della sua mano. 

Gesù ama Gesù si dispera per le anime perdute. Gesù è l'unica via. Gesù è venuto a salvare Gesù vuole che facciamo parte della Sua famiglia.

Sappiamo che è così perché 2000 anni fa Gesù guardò Gerusalemme...  e nel mezzo di una festa sfrenata... pianse.

Preghiamo.

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03 aprile 2022

Liberi in Gesù per... | 3 Aprile 2022 |

Gesù ci ha chiamati ad essere liberi; liberi non per il nostro utile, ma per amare gli altri, e liberi per una vita "abbondante", per poter proclamare al mondo che Dio è presente, e che in Cristo ogni cosa è possibile.
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Predicatrice: Jean Guest
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Tempo di lettura: 9 minuti
Tempo di ascolto audio/visione video: 32 minuti

Oggi condividerò con voi il segreto di come vivere da credenti... ed è questo ... Sii più come Artie!

Artie è il mio cane; un Border Collie che ama le persone, e condivide generosamente se stesso con chiunque glielo permetta, e ogni giorno, quando passeggia senza guinzaglio, prova una gioia profonda nella sua libertà. Vi dico, siate più come Artie! Scherzi a parte, ecco la domanda seria per voi oggi. Quanto è solida e profonda la gioia che conosci nell'essere libero o libera in Cristo? O, come abbiamo visto la volta scorsa, sei ancora incatenato. incatenata in qualche modo? Perché Gesù ci chiama alla libertà; è il motivo per cui è venuto.

Si recò a Nazaret, dov'era stato allevato e, com'era solito, entrò in giorno di sabato nella sinagoga. Alzatosi per leggere,  gli fu dato il libro del profeta Isaia. Aperto il libro, trovò quel passo dov'era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi, per proclamare l'anno accettevole del Signore».  Poi, chiuso il libro e resolo all'inserviente, si mise a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui.  Egli prese a dir loro: «Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite».” (Luca 4:16-20)

L'arco della narrazione biblica serve a raccontare la storia della salvezza, la salvezza dalla schiavitù del peccato e della morte, e nella libertà della nuova vita in Gesù.

Siamo nella stagione della Quaresima, preparandoci alla Pasqua, e non è una coincidenza che Gesù muoia a questo punto dell'anno ebraico. È la Pasqua, la festa della libertà. Pochi giorni prima di questa festa alcuni dei discepoli lo hanno visto trasfigurato, e ascoltate il linguaggio che Luca usa per descriverlo:

"Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, l'aspetto del suo volto fu mutato e la sua veste divenne di un candore sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, i quali, apparsi in gloria, parlavano della sua dipartita che stava per compiersi in Gerusalemme.” (Luca 9:28-31)

La parola che usa Luca è che qui è tradotto con “dipartita” in greco è ἔξοδος exodos, esodo.

Il suo “esodo da questo mondo” nello stesso modo in cui il primo Esodo fece uscire gli Isrealiti dalla schiavitù, questo secondo farà uscire tutti i popoli dalla schiavitù. Ciò che entra nella tomba con il Cristo crocifisso è il peccato e la morte e non risorgono; ciò che risorge con lui è la libertà e la vita.

Mi scuso con l'artista di questo meraviglioso quadro perché non riesco più a trovare il suo nome; ma quanto è geniale questa immagine? Vi lascerò un po' di tempo per usarla come un punto focale della preghiera personale; guardate il quadro, come vi fa sentire? Qual è l'oscurità da cui siete usciti per andare verso la luce? 

Ci ritornerò su con una preghiera che altro non è che il testo di uno dei miei canti di chiesa preferiti:

Chi spezza il potere del peccato e delle tenebre?
Il cui amore è potente e molto più forte?
Il Re della gloria, il Re sopra tutti i re
Questa è una grazia stupenda
Questo è un amore infallibile
Che Tu hai preso il mio posto
Che hai portato la mia croce
Tu hai dato la tua vita
Perché io sia liberato
Oh, Gesù, io canto 
per tutto quello che hai fatto per me
Amen

La forza di questa immagine è che la croce doveva essere la fine, doveva essere inchiodata lì per sempre, ma Dio nella sua misericordia e Gesù nel suo amore trasforma quella forma oppressiva nel simbolo della liberazione totale. 

L'atto della santa cena non dovrebbe solo ricordarci il sacrificio di Cristo, ma anche la sua vita risorta; la croce non era la fine, era l'inizio di una nuova libertà.

“In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia...” (Efesini 1:7)

Questo è il nostro canto d'esodo, cantiamolo con gratitudine e gioia.

Liberi per amare

Siamo liberati dal potere della morte, ma per cosa siamo liberati? Prima di tutto siamo liberati per amare.

“Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un'occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri...” (Galati 5:13)

Siamo liberati per amare e amare in modo tale che ne diventiamo schiavi, come dice NT Wright, "Amare significa asservire te stesso alle altre persone in un modo completamente nuovo, facendo dei loro bisogni le tue priorità e dei loro dolori la tua preoccupazione." La chiamata alla libertà e la chiamata all'amore sono sinonimi - avendo ottenuto la prima, dobbiamo vivere la seconda.

O come dice Gesù:

“Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la mente tua e con tutta la forza tua”.  Il secondo è questo: “Ama il tuo prossimo come te stesso” ( Marco 12:30-31 a)

In altre parole il nostro sguardo è fisso verso l'alto e le nostre azioni sono verso l'esterno. Il nostro amore è un amore a forma di croce modellato e forgiato dallo Spirito all'opera in noi. È anche un amore radicalmente diverso da qualsiasi altro tipo di amore, e potrebbe non venirci così facilmente come pensiamo.

Amo i romanzi della scrittrice italiana Elena Ferrante, spumeggiano con una tale passione per la vita, e tuttavia possono essere anche letture piuttosto difficili, perché lei non si tira indietro di fronte al lato più oscuro dell'umanità. Nel suo romanzo La figlia perduta affronta il tabù culturale di una madre che non ama suo figlio: "Non sono una madre naturale" dice Leda, la protagonista. La società dice che le madri dovrebbero essere perfette: nutrimento, gentilezza, tenerezza, infinito sacrificio di sé. Leda lotta per sentire ed essere queste cose. Semplicemente non le vengono naturali e alla fine lascia la casa di famiglia e sua figlia.

L'amore e l'amare nel modo in cui ci viene comandato probabilmente non ci viene naturale. Anche noi possiamo lottare per amare, in particolare i fastidiosi, gli orribili, gli inquietanti, aggiungete qui il vostro aggettivo. Ma la sua chiamata ad amare è più di un'aspettativa. È un comando. E quindi può essere ancora più difficile per noi ammettere quando ci sembra una lotta. Come dice la scrittrice Rachel Smith, "Dio ci chiede di amare non perché ci viene naturale, ma perché viene naturale a lui. Il suo cuore di genitore per noi è perfetto, e così i nostri cuori non devono esserlo. Invece, possiamo 'conoscere e credere  all'amore che Dio ha per noi' (vedi 1 Giovanni 4:16)". E quando comprendiamo questa verità, allora abbiamo accesso al suo amore soprannaturale, disponibile per chiunque lo chieda, un amore abbastanza potente da permetterci di amare i nostri nemici, i nostri amici e persino le nostre fastidiose famiglie.

Liberi per una vita abbondante

In secondo luogo siamo liberati per la vita e la vita in abbondanza.

“... io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.” (Giovanni 10:10 b)

Allora cos'è questa abbondanza di vita? Significa che come credenti avremo un sacco di beni, una grande ricchezza, una protezione totale? No, no e no; perché credere questo ci apre all' eresia di un vangelo della prosperità e credere che quando succede qualcosa di brutto a qualcuno, beh deve essere perché ha peccato. 

Gesù ci ha promesso la vita in abbondanza, ma ci ha anche promesso:

"Nel mondo avrete tribolazione". (Giovanni 16:33).

Quindi 'abbondante’ non può significare una vita incantata e facile. Deve trattarsi di qualcos'altro. 

“... e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell'amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. Or a colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo,  a lui sia la gloria nella chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le età, nei secoli dei secoli. Amen.” (Efesini 3:17-21)

Siamo tornati al punto di partenza. Questa pienezza di vita inizia con l'amore, l'amore di Dio per noi e la nostra comprensione della potenza di questo amore. Essere pieni di qualcosa significa essere nella sua morsa: tale che quella cosa diventi il fattore dominante nelle nostre azioni/comportamenti (guarda Efesini 5:18).

Essere "ricolmi della pienezza (pleroma) di Dio" significa che Dio è l’influenza principale. Essere ricolmi della pienezza di Dio significa essere consapevoli della presenza di Dio e  abbandonati ad essa. E vivere in questo modo ha implicazioni per noi collettivamente come chiesa e per noi come individui.

Come Chiesa, Dio vuole riempirci a tal punto che tutti sappiano che lui si trova qui. Uno dei miei detti preferiti sullo scopo della chiesa è stato coniato da un pastore nel Regno Unito, il Rev. Dr. Sam Wells ha detto: "Chiesa? Si tratta di vita abbondante, non dell’evitare l'inferno".

Individualmente,  Dio vuole riempirci, in modo che noi rispecchiamo lui agli altri. 

“(avete imparato)...  a essere invece rinnovati nello spirito della vostra mente  e a rivestire l'uomo nuovo che è creato a immagine di Dio.” (Efesini 4:23-24 a)

Mi piace come NT Wright parla di questo: 'La persona genuina e unica che siamo destinati ad essere che porta ad un senso di  “sì ... questo è ciò che ero qui per fare!”

Quindi, la vita abbondante .... forse è qualcosa che riguarda lo scoprire, o il ri-scoprire, chi siamo e cosa ci ispira. Quando scopriamo ciò che davvero ci ispira ed emoziona e viviamo nella gioia di ciò... allora forse stiamo vivendo in abbondanza’.

Diamo un'altra occhiata al brano degli Efesini. Insieme alla vita viene il potere.

“...affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. Or a colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo.” (Efesini 19 b-20 a)

Questa potenza è l'energia stessa della vita di Dio, egli lo usa per trasformarci in esseri simili a Cristo.

"A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire irreprensibili e con gioia davanti alla sua gloria" (Giuda 1:24)

e va al di là di ogni nostra immaginazione. 

Ma com'è scritto: 

“Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano” (1 Corinzi 2:9)

Questa è veramente la vita in pienezza.

Amen.

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